Ciò che non torna
Luca Morisi incastrato? La droga, i rumeni e l'affarista russo: cosa può esserci (davvero) dietro all'inchiesta
Ci sono molti punti oscuri nella ricostruzione della vicenda che vede protagonista Luca Morisi, il social media manager di Matteo Salvini, indagato per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. È trascorso un mese e mezzo da quando i carabinieri sono entrati nella casa di Morisi. "Che cosa è accaduto in queste settimane? Chi sapeva che cosa era accaduto? E soprattutto, perché dirlo soltanto adesso?", scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera. Che per cercare delle risposte riprende le tappe dell'inchiesta avviata dalla Procura di Verona. In attesa che emergano novità dall'esame dei contatti tra Morisi e i ragazzi rumeni che hanno detto di aver ricevuto da lui la droga liquida.
Il 14 agosto i carabinieri entrano a palazzo Moneta nell'appartamento al primo piano di una villa veneta, a Belfiore, nel Veronese. "È quello di Luca Morisi", si legge nell'articolo e "i vicini parlano di 'una retata'". In realtà, quel pomeriggio "i militari effettuano un controllo nell'abitazione e poi vanno via con tre uomini: 2 giovani e un adulto di circa 50 anni. Nel verbale di sequestro annotano di aver trovato cocaina. Per Morisi scatta la segnalazione al prefetto per uso personale, ma poi sono le dichiarazioni dei due giovani ad aggravare la sua posizione facendo ipotizzare la cessione di stupefacenti. I due giovani erano stati fermati in auto poco dopo aver lasciato la casa di Morisi".
Insomma, ufficialmente, si tratta di un "controllo casuale, ma in realtà l'incrocio delle testimonianze sembra avvalorare l'ipotesi che fossero arrivati due giorni prima e questo alimenta il sospetto che in realtà il controllo fosse mirato. E che i militari li abbiano fermati perché convinti che nell'auto avrebbero trovato droga, come poi effettivamente accade. Si tratta di una quantità non elevata, loro comunque ammettono subito che è ghb, la droga liquida, e che è stato Morisi a cederla". Quindi scatta la perquisizione. "Quando arrivano nell'abitazione i carabinieri trovano il cinquantenne e anche lui finisce nell'elenco delle posizioni da verificare".
E veniamo al primo settembre quando Morisi, che intanto ha deciso di nominare come difensore l'avvocato Fabio Pinelli, comunica a Salvini che lascerà l'incarico. "Ufficialmente parla di 'questioni personali', in realtà sembra che abbia confidato subito o appena qualche giorno più tardi che cosa era davvero accaduto. Appare comunque opportuno far morire la 'Bestia' o quantomeno far prendere al suo ideatore un lungo periodo di pausa. Nel verbale di sequestro non risulta che siano finiti sotto sequestro i telefoni e i computer di Morisi, ma quando viene contestata la cessione di stupefacenti vengono disposti controlli sui tabulati per verificare se il giro dei clienti possa essere più ampio. E già questo appare sufficiente per separare i destini dello stratega della comunicazione social e il Carroccio".
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Anche perché, evidenzia la Sarzanini, "negli ultimi mesi l'appartamento acquistato dalla società Socec del costruttore Andrea Lieto era finito sotto osservazione per una serie di passaggi di soldi. Ma anche per quello che i vicini definiscono 'un continuo viavai'. E questo avvalora l'ipotesi che in realtà i controlli sui due ragazzi siano scattati dopo una soffiata relativa proprio alla cessione della droga. O forse alla ricerca di altro. Due anni fa, quando scoppia il caso dei fondi russi alla Lega, la trasmissione Report descrive Lieto come 'imprenditore con aziende in paradisi fiscali e in relazione con uomini d'affari russi'". E attenzione perché uno dei vicini di casa di Morisi "è tale Sergey Martyanov", che "risulta anche essere socio di un'azienda, la Namiana srl, che ha la sede sempre a palazzo Moneta. Morisi ha sempre negato di conoscerlo, ma il suo nome compare più volte nelle segnalazioni di operazioni sospette di Bankitalia per i fondi ricevuti proprio dal Carroccio per finanziare la Bestia".