Il colloquio
Matteo Renzi sulla corsa al Quirinale: "Casini dopo Mattarella? È adatto, ma non è l'unico", l'asso nella manica
Mario Draghi fa sapere di condividere in pieno il «concetto alla base del reddito di cittadinanza». Matteo Renzi, senza il quale Draghi oggi non sarebbe a palazzo Chigi, non appare deluso. Se lo è, lo maschera bene. «Che Draghi si muova con prudenza su questo tema è scontato. Come è scontato che noi sul referendum contro il reddito andremo avanti: a ciascuno il suo», dice a Libero il leader di Italia viva.
Leggo dal suo libro Controcorrente, senatore: il reddito di cittadinanza «non è stato un tentativo di combattere la povertà, ma di combattere la voglia di fare, specie nel Mezzogiorno». E ora?
«È bastato proporre il referendum per scatenare il caos. Questa pagina del mio libro hanno finto di non leggerla in tanti, come quelle sul Csm. Poi, adesso, capiscono che non è uno scherzo. E corrono ai ripari: persino Di Maio vuole cambiare quella legge, che pure aveva esaltato dal terrazzo di palazzo Chigi».
Conferma che chiederà il referendum per abrogarla?
«Sì. La legge è stata votata da Lega e M5S ed è difesa da Pd e Leu: l'unica strada, il referendum. Ci daranno ragione in tanti, vedrà. Del resto i grillini misurano in queste ore la loro miopia: ci hanno fatto rinunciare alle Olimpiadi di Roma. Come sarebbe stato bello poter permettere agli Jacobs, ai Tamberi, ai Tortu di difendere il titolo nella meravigliosa cornice di Roma! Invece la Raggi ha detto "no" e le Olimpiadi si faranno a Parigi. Una beffa. I populisti fanno danni che durano a lungo: noi siamo quelli che aggiustano i loro pasticci. E il referendum sul reddito va in quella direzione».
Lei si è detto soddisfatto della riforma della giustizia. Eppure ha firmato i referendum dei radicali, segno che il testo di Marta Cartabia non l'accontenta. Quando avremo una riforma degna di questo nome?
«Serviranno anni. E non basteranno nemmeno i referendum, che sono solo un passo in avanti. Come un passo in avanti è l'aver mandato in soffitta Bonafede e l'ideologia grillina. Non ho niente contro Bonafede, ma considero un onore averlo tolto dal ministero: aveva una brillante carriera come deejay, perché interromperla per fare l'uomo di legge? Fa meno danni con la musica che con la giustizia. La riforma Cartabia è un primo passo. Ma il primo passo non ti porta dove vuoi, ti toglie da dove sei».
I vostri rapporti col Pd non sono migliori. L'ultimo scontro è sul disegno di legge Zan. Vi hanno accusato di flirtare con la destra. Magari non con i partiti, ma con gli elettori sì: vi state riposizionando?
«Non siamo noi a riposizionarci, ma è il Pd. Vogliamo approvare una legge contro i crimini legati all'odio verso omosessuali, transessuali, persone con disabilità. Il Pd vuole tirarla per le lunghe e farci sopra un pezzo di campagna elettorale per le amministrative».
Come finirà?
«La approveranno, ad ottobre, con noi e il centrodestra. E cambierà sui punti più divisivi: identità di genere, libertà d'opinione e scuola. È una legge contro l'odio, evitiamo di approvarla a colpi di violenza verbale. Facciamo uno sforzo tutti insieme».
Stupito dalla violenza del Pd, senatore?
«La violenza verbale non è del Pd, ma dei grillini, di alcuni influencer, di alcuni attivisti Lgbt. Quanto al Pd, trovo incredibile che su un tema cosi complesso prenda la linea da Fedez e non ascolti le femministe di sinistra, la cultura post comunista, Arcilesbica. La critica della subalternità culturale della sinistra agli influencer, del resto, è il filo conduttore del mio libro».
A maggior ragione, non si capisce perché lei e il suo partito appoggiate Letta nella candidatura a Siena. Che accordo avete stretto?
«Letta ed io ci conosciamo da vent' anni. E abbiamo ovviamente molti punti in comune: siamo cresciuti nel mito dei Kennedy e dei Blair. Non so se Enrico oggi sia cambiato, penso che bluffi per ragioni di consenso».
Resta il fatto che ve ne siete dette e fatte di tutti i colori.
«Abbiamo avuto divergenze, certo. Non solo sul famoso "stai sereno", ma anche su temi di merito, a cominciare dalle tasse. Lui aumentò l'Iva nell'ottobre 2013 e ha chiesto ora la tassa di successione. Io ero contrario allora per non deprimere i consumi e sono contrario ora perché vorrei almeno il diritto di morire - il più tardi possibile - gratis. Proporre di aumentare le tasse oggi è folle».
Siena è la città dove il Pd ha distrutto la banca più antica del mondo.
«A me lo dice? Chiusi la campagna delle primarie 2012 proprio a Siena, dicendo nomi e cognomi dei responsabili politici di quello scandalo. Sono l'unico ad averlo fatto, quando certi nomi erano impronunciabili. A Siena il pasticcio l'ha fatto Massimo D'Alema, non Enrico Letta, non scherziamo».
E dopo gli insulti sul ddl Zan e sulla riforma della giustizia, dopo che il Pd ha scelto il M5S come alleato privilegiato, pensate davvero che in una coalizione di centrosinistra ci sia spazio per voi?
«Sui territori dipende. A Milano stiamo con Sala. A Napoli Manfredi chiuderà la terribile esperienza di De Magistris. Diverso è il caso di Roma. Il Pd ha fatto un errore a non appoggiare Calenda: avremmo vinto sicuramente. Poi ci sono tanti comuni dove conta il candidato più che l'ideologia, come il nostro Bendinelli a Garda».
In bocca al lupo per le amministrative, ma io le chiedevo dell'alleanza a livello nazionale.
«Vedremo. Ho letto che Conte chiederà di tornare alla legge Bonafede, cancellando la pur timida riforma Cartabia. Noi non ci stiamo. Mi domando come faccia a starci il Pd. Un'alleanza con i riformisti? Sì, la posso fare. Un'alleanza coi populisti? No, grazie».
Magari gli alleati riformistiche cerca li trova al centro, anziché a sinistra.
«È vero, si muove qualcosa da Forza Italia a Brugnaro fino ad Azione e ai radicali. Ma è decisamente troppo presto».
Nel suo libro, le parole migliori sono per Silvio Berlusconi e ciò che le disse dopo le vicende giudiziarie di sua madre. Sono cambiate molte cose, da quando il Pd cui lei apparteneva votò per cacciarlo dal Senato.
«Dividiamo i due aspetti. Io non sono mai stato alleato di Berlusconi. Anzi, lui è stato decisivo nel farmi perdere il referendum. Se avesse tenuto sul patto del Nazareno, oggi sarebbe un'altra storia. E del resto anche i provvedimenti più utili, come il JobsAct e Industria 4.0, i Pir e l'Irap, li abbiamo approvati senza Forza Italia».
Umanamente, invece?
«Berlusconi ha quel tratto di simpatia che deriva dal saper condividere le sofferenze, non dal raccontare le barzellette. Attività in cui è molto bravo, per carità. Ma l'etimologia greca è un valore più grande: simpatico è colui che soffre insieme a te».
Insomma, difende il voto con cui nel 2013 il Pd lo espulse dal parlamento?
«Mi sento di difendere le scelte dell'allora segretario Epifani con Letta e Zanda. Non si doveva votare sulla colpevolezza di Berlusconi, su cui si era espressa la Cassazione, ma sull'applicabilità della legge Severino, che per il Pd era una mera presa d'atto. Sono tuttavia cu rioso di vedere come andrà il ricorso del Cavaliere in Europa: ciò che è emerso negli anni successivi lascia dubbi e sarà importante conoscere l'opinione dei giudici europei».
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La sua proposta di una commissione d'inchiesta sugli acquisti anti Covid, chiaramente lanciata per verificare se nella struttura di Domenico Arcuri ci sia stato un giro di mazzette, sinora non ha scaldato gli altri partiti. Insiste?
«Non solo insisto, ma insistendo mi stupisco sempre di più. Nel libro ho messo nero su bianco tutto. Qui ci sono 127mila morti e provvigioni milionarie: perché stanno tutti zitti? Io chiedo di andare a vedere le carte, non accuso nessuno. Quando chiederò in aula di mettere ai voti la mia proposta voglio vedere in faccia quelli che diranno di no».
Dopo molti tentennamenti, il ministro Patrizio Bianchi ha promesso il ritorno a scuola senza Dad. Lei ci crede?
«Il vaccino fa la differenza. Anche per questo non capisco le resistenze di molti sul Green Pass: è uno strumento di libertà, senza il quale rischieremmo nuovi lockdown. Chi è vaccinato deve avere una corsia preferenziale. Anzi, chi è vaccinato non dovrebbe andare in quarantena per sette giorni in caso di contatto con un positivo. In ogni caso la Dad è una disgrazia: giusta la decisione di Draghi di obbligare col certificato verde professori e personale non docente al vaccino».
Non le chiedo nomi, ma un identikit: a chi dovrebbe somigliare il successore di Sergio Mattarella?
«L'importante è che sia solido, saggio, europeista e filo atlantico. Da quando siamo nella moneta unica sono cambiati tre presidenti: Ciampi, Napolitano, Mattarella. Venivano da storie diverse, ma hanno saputo interpretare questo ruolo - nelle diverse sensibilità - con grande capacità di restare saldi sui valori europei. Accadrà anche nel settennato 2022-2029, ne sono certo».
Il ritratto che fa assomiglia molto a quello di Pier Ferdinando Casini.
«Nella corsa al Colle gli ex presidenti di Camera o Senato sono tutti candidati naturali. Anche Casini, certo, ha le caratteristiche che lo rendono adatto al ruolo. Ma non è l'unico, anzi. Ci sono molti candidati e candidate e come sempre in questi casi evitiamo di disturbare chi al Quirinale oggi lavora con impegno e con profitto. Il fatto che Sergio Mattarella sia nel semestre bianco non significa che sia un presidente dimidiato, tutt' altro. L'unica cosa che non può fare è sciogliere le Camere».
Non è poco.
«Ma tanto questo Parlamento non ci pensa proprio a farsi sciogliere: fosse per i parlamentari, il semestre bianco sarebbe lungo un'intera legislatura...».