Il retroscena

Beppe Grillo contro Giuseppe Conte, ne approfitta Matteo Renzi: "Ha già il candidato", terremoto vista Quirinale

Disastro M5s con vista Quirinale. La guerra interna tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte rischia di trascinare nella polvere non solo il Movimento, ma pure il Pd. E ad approfittarne potrebbe essere quel volpone di Matteo Renzi, già al lavoro per il dopo Mattarella. Coi 5 Stelle deflagrati, per il leader di Italia Viva sarà più semplice "spacchettare" i dem e raggiungere il suo vero obiettivo: sparigliare il campo, dividere il blocco di centrosinistra, ricomporre un grosso "partitone" che guarda al centro, magari riattirando a sé una parte di forzisti rientrati ora nell'orbita del possibile partito unico di centrodestra. Insomma, un bel terremoto politico che va ben oltre statuti grillini, Genova, piattaforma Rousseau, Volturara Appula o Pomigliano d'Arco. 

 

 

 

 

Secondo il Giornale, per far saltare l'asse Conte-Letta-LeU, Renzi starebbe già puntando per le elezioni presidenziali del 2023 su "un candidato moderato (c'è chi fa il nome di Pier Ferdinando Casini) per trascinare voti dal centrodestra e spaccare il Pd". Una prospettiva che agita il Nazareno. "Mi preoccupa il rischio che la crisi M5s influisca sulla partita del Colle - ammetteva nelle scorse ore lo stesso Enrico Letta - , che è delicatissima e richiede idee chiare e determinazione". Due doti, queste, che di certo non mancano a Renzi, in grado di dare le carte praticamente anche senza più un partito vero alle spalle (Italia Viva è sigla parlamentare, ma elettoralmente è sparita da mesi).

 

 

 

 

"Non sappiamo letteralmente con chi parlare - spiega una fonte anonima del Pd sempre al Giornale -, sul Quirinale ma anche sull'agenda quotidiana in Parlamento". Il vero problema è che nulla di quel che riguarda i 5 Stelle è certo. Grillo vincerà la battaglia? Se resterà il capo, tornerà alle origini (cioè all'opposizione) puntando sulla pancia del partito a partire da Alessandro Di Battista? E Conte farà il suo partitino che, sussurra qualcuno, per partire con un buon tesoretto di voti dovrà per forza smarcarsi dal premier Mario Draghi? In entrambi i casi, per il Pd dialogare con questi "alleati" diventerà imbarazzante, e molto difficile.