Quello che il ministro non capisce
Mario Draghi e AstraZeneca, "adesso basta". Retroscena da Palazzo Chigi: "Lavata di capo a Speranza, mai visto così"
Il caos AstraZeneca ha scalfito anche Mario Draghi e la sua proverbiale imperturbabilità. I retroscena da Palazzo Chigi riferiscono di un premier "educato e cortese" ma "furioso" con Roberto Speranza e gli esperti del Cts, ancora una volta in ordine sparso sui vaccini. E così è stato necessario che Draghi in persona si sbilanciasse, a costo di rischiare la figuraccia mediatica per l'ultimo ribaltone, annunciando che lui stesso si sottoporrà a un richiamo "eterologo". Vale a dire: la seconda dose si può fare con un siero diverso da quello utilizzato per la prima. Pur lasciando libertà di scelta a chi vorrà mantenere AstraZeneca anche per il richiamo, debitamente "informato" sugli eventuali rischi per la propria salute e previo consenso del medico.
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Un pasticcio sanitario, che è diventato alla fine anche politico. Secondo il Giornale, Draghi ha contestato a Cts e ministro della Salute l'incapacità di prendere in mano le redini della questione. Poche ore prima, peraltro, gli stessi Gianni Rezza e Silvio Brusaferro, direttore generale della Prevenzione del ministero della Sanità e presidente dell'Iss, avevano alimentato nuovi dubbi. Da qui la convocazione d'urgenza di una conferenza stampa "volante", con a fianco lo stesso Speranza, sempre più smarrito, e il commissario straordinario, il generale Francesco Figliuolo, che non aveva nascosto le "perplessità" per i continui cambi di linea su AZ. "La vaccinazione eterologa funziona - giura il premier -. Io stesso martedì sono prenotato per fare l'eterologa". La prima dose di AstraZeneca "ha prodotto anticorpi bassi e allora mi si consiglia di fare l'eterologa, che funziona per me e anche per chi ha meno di 60 anni".
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Draghi e Figliuolo sembrano gli unici ad aver intuito il vero rischio dietro il caos AstraZeneca: che la campagna vaccinale dei richiami si inceppi, mandando a monte quanto fatto in questi mesi, con enormi fatiche politiche, comunicative e organizzative. E alla vigilia di quello che nessuno, per ora, ammette fuori dai denti: il rischio di una nuova ondata di contagi legati alla variante Delta, la cosiddetta "indiana" diventata predominante in Gran Bretagna e che secondo gli esperti soppianterà in breve tempo tutte le altre forme di virus nel resto d'Europa, Italia compresa.