Il gigante
Guido Crosetto, l'intervista: "Rivalità tra Salvini e Meloni? Certo che c'è. FdI, ma quali retaggi fascisti: pronti a governare"
Un temibile deja vu. Fratelli d'Italia sfonda nei sondaggi il tetto del 20% di preferenze, s' arrampica al secondo posto tra i partiti; ed ecco che s' agitano gli spettri del passato, e tentano di infilare Giorgia Meloni in un orbace che le va strettino. Ernesto Galli della Loggia, firma pregiata del Corriere della sera, mette in guardia sulla "storia che pesa". Guido Crosetto, fondatore di Fdi, educatamente si perplime.
Caro Crosetto, Della Loggia scrive che "il fascismo è radicalmente incompatibile con la democrazia liberale e dunque liberare l'Italia non si può" se non lo si abiura. Era rivolto a Fratelli d'Italia che vuole governare.
«L'ho capito. Io non posso abiurare nulla, mai stato fascista. A parte il fatto che chi parla di fascismo, nel 2021, sovrappone l'ideologia col giudizio storico e sociale su un periodo drammatico, Fdi nulla ha a che vedere col fascismo. Siamo nati come partito nuovo. Non c'è nessuno che pensa, qui, che il fascismo possa essere punto di riferimento cultural-politico»
Però non crede che parte del vostro elettorato sia un tantino fascista?
«Perfino quando Fdi era all'1%, sul crinale della sopravvivenza, nessuno ha mai accettato coinvolgimenti con estremisti. E io stesso, il numero 2, talora sono in disaccordo con la linea del partito, ma si discute. E il nostro candidato sindaco a Roma Michetti attaccato soltanto per aver detto che il saluto romano viene prima del fascismo mi pare un'assurdità».
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Si riconosce nell'analogia che Della Loggia fa tra voi e i 5 Stelle: molti voti, classe dirigente non all'altezza?
«Della Loggia fa un paragone surreale. Fratelli d'Italia ha dirigenti che fanno in politica da 20, 30 addirittura 40 anni come La Russa. Persone cresciute nei comuni, nelle regioni. Giorgia Meloni, assieme a chi la circonda, è da tempo la leader che più in assoluto -settimanalmente- tiene rapporti con vari mondi: Chiesa, impresa, volontariato, cultura, scienza. Fdi non ha nulla a che vedere con il gruppo di improvvisati 5 Stelle, costretti a riciclare gente di sinistra riverniciata per assenza di conoscenza e rapporti».
Roberto Arditti su Formiche sostiene che Fdi parla al cuore della gente, poi non trova il nome dei candidati sindaci. Qualcosa non va nella strategia per allargare la base elettorale?
«Bisogna lavorare sul lungo periodo. Alla crescita di un polo politico culturale che convogli tutti quelli che nel paese non si riconoscono nel centrosinistra (cioè la maggioranza), siano essi liberali, popolari, repubblicani o conservatori in genere. La quadra la troveremo».
C'è rivalità tra Meloni e Salvini?
«Certo che c'è. Noi abbiamo un sistema in cui è necessario massimizzare i voti, ed è logico che se Fdi ne ha di più la Lega non è contenta».
Fdi, in fondo, non è avvantaggiato dallo stare all'opposizione?
«La crescita di Fdi non dipende dall'opposizione; dovremmo perderli i voti visto che il governo ora è al massimo dei consensi. No. Dipende solo da Giorgia Meloni, e semmai questo potrebbe essere un problema come lo è per tutti i partiti leaderistici. Il Pd i segretari li cambia, ma ha uno zoccolo duro del 15%. Lo scopo di un leader è far crescere quello zoccolo nel partito anche quando passerà di mano».
Meloni è la nuova presidente del Partito dei conservatori e riformisti europei (Ecr). E gira come una trottola in Europa. Fa bene, o dovrebbe dedicarsi alle amministrative?
«Fa bene a coltivare il network europeo. Qualsiasi leader che voglia governare non può prescindere dall'avere un rapporto di dialogo con l'Eu o il Ppe. O con la potenza di fuoco della Bce. Non si può regalare all'Europa la possibilità di attaccarti solo per un atto di antipatia o mancanza di interlocuzione. Guardi cosa è successo allo spread con Berlusconi, in un momento economico migliore di adesso».
E Salvini che vuole unificare i tre movimenti di centrodestra europeo, Ppe, Id e Ecr?
«Legittima dichiarazione di intenti. Ma tutti sanno che il Ppe rifiuta ogni rapporto con Id. È giusto rafforzare la famiglia dei conservatori per incunearsi tra Ppe e Pse. La fase della coalizione del centrodestra sarà successiva».
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Salvini sta pure ragionando con Letta per spostare lo sblocco dei licenziamenti. Come la vede?
«Va benissimo spostarlo anche al 2080 o al 2200, purché non si crei danno alle aziende che già chiudono. Ma se non si trova il modo di non danneggiarle, ha ragione Draghi: bisogna puntare sulla cassa integrazione e politiche attive, ma lo sblocco è necessario».
La piattaforma politica su cui si muove Fdi è stile Thatcher, ultra liberista sul "meno tasse e burocrazia" e sulla competitività delle imprese; ed è alla Le Pen sull'immigrazione e la sicurezza. Non c'è contraddizione?
«Fdi mixa due visioni politiche che sembrano in contrasto ma non lo sono. La crescita delle aziende è l'unico modo per creare lavoro, sviluppare possibilità di ascensori sociali, distribuire le ricchezze. Sull'immigrazione la discussione è più profonda. A Fdi non interessano gli immigrati in mare: non si discute nemmeno che debbano essere soccorsi. Ma ci si deve preoccupare dei problemi sulla terraferma: del loro diritto a sfruttare le loro ricchezze, a non esser colonizzati dalla Cina, a non venire in Italia, sfruttati a 100 euro al mese e le cooperative incassano».
Manca un federatore come Berlusconi nel centrodestra di oggi?
«Manca la responsabilità del leader del partito di maggioranza di cedere un po' sovranità in nome di una coalizione. Voglio dire: andiamo al voto e chi prende di più diventa il Capo, sapendo che essere più grandi significa avere maggiori responsabilità» (ndr leggi: Forza Giorgia che ce la fai...).
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