La grana degli 007

Copasir, il retroscena sul passo indietro di Volpi: "Perché dopo 3 mesi Salvini la dà vinta alla Meloni"

Antonio Rapisarda

Uno stallo che durava da mesi risolto - o per lo meno sbloccato - in una giornata: incredibile ma "Copasir". Tutto inizia ieri mattina con la decisione dei membri di Pd e 5Stelle di abbandonare i lavori del Comitato per la Sicurezza della Repubblica, dopo aver votato la richiesta al premier di attivare un'inchiesta interna sul "caso" Mancini. Lo scopo dell'iniziativa? «Contribuire alla soluzione della titolarità della Presidenza del comitato medesimo». Non passano nemmeno due ore che arriva la risposta di Matteo Salvini, in verità già dalla sera prima sul "chi va là": «Le dimissioni non si annunciano, si depositano...». E così sarà: Raffaele Volpi, presidente leghista della Commissione, decide di rimettere l'incarico, seguito dal senatore e collega di partito Paolo Arrigoni. Causa e effetto? Assolutamente no: in realtà ciò è avvenuto dopo settimane di proteste e pressioni da parte dell'opposizione di Fratelli d'Italia (che rivendica per questo motivo il diritto di presiedere il comitato di controllo), dell'appello «per la garanzia costituzionale» di decine di giuristi riuniti in un comitato, della moral suasion di sette ex presidenti di Camera e Senato e, certamente, anche dello "strappo" all'alleato di governo da parte di Pd e 5 Stelle, concordi - come hanno ribadito gli stessi Letta e Conte - nell'attribuire al partito di Giorgia Meloni la presidenza della Commissione. Tutto risolto dunque? Non esattamente. La contromossa del Carroccio non si è fatta attendere: la pretesa dell'«immediata, integrale applicazione della legge 124 del 2007», quella che prevede l'assegnazione all'opposizione (in questo caso a FdI) «di 5 componenti su 10 tra cui poter scegliere l'eventuale presidente». Lapidario Salvini: «Ora attendiamo le dimissioni di tutti gli altri componenti e la nomina di un altro comitato».

 

 

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Fico e Casellati

Una proposta che si tradurrebbe nel tentativo di rallentare proprio l'elezione del rappresentante dell'opposizione: in questo caso l'unico esponente di Fdi, Adolfo Urso. In realtà però, in base ai regolamenti, le dimissioni del presidente non comportano effetti immediati né sulla guida del Copasir né sulla composizione. A maggior ragione perché nessuno ieri ha seguito le orme dei leghisti: anzi, proprio Elio Vito - l'azzurro che per primo aveva lasciato il Comitato per cercare di favorire una soluzione - ha deciso di rientrare auspicando adesso un «clima di responsabilità». Quindi? La parola adesso passerà ai presidenti di Senato e Camera i quali chiederanno ai rispettivi gruppi di presentare nomi per integrare il comitato. Poi si dovrà procedere all'elezione del nuovo presidente, con il vice di Volpi e papabile Urso chiamato ad allestire il seggio per l'elezione. E il tema della proporzionalità della rappresentanza politica nell'organismo? Per FdI - che, come filtra, «rivendica la presidenza non la parità» - non si tratta di un problema: «Siamo soddisfatti e prendiamo atto delle dimissioni del presidente Volpi che sanano un problema», ha spiegato Ignazio La Russa (anche lui indicato nella rosa dei possibili successori), convinto che appena il Comitato sarà nella condizione di farlo, «dovrà votare il presidente così come prevede la legge». Per ciò che concerne la composizione e la parità dei componenti, La Russa non vede ostacoli: «Non abbiamo alcuna rivendicazione da fare: ci rimettiamo alla volontà dei presidenti del Senato e della Camera. Decidano loro se intendono sostituire solo i dimissionari o se invece ritengono che sia necessario riequilibrare. Da parte nostra non ci sarà opposizione». Fin qui l'intricata vicenda interna alla fisiologia del Copasir. La partita sul Comitato, però, è legata a doppio nodo a quella politica, dei rapporti in via di "scongelamento" fra Lega e FdI. In vista del vertice per le Amministrative di lunedì, infatti, la lettura che si fa nei corridoi delle dimissioni di Volpi viene interpretata come un segnale di apertura da parte di Salvini. L'accoglienza a caldo in casa FdI è attendista. Per Giorgia Meloni certo «tutto bene quel che finisce bene», ma non si è trattato di «una questione legata al mio partito ma di rispetto delle regole democratiche». Quanto alla soluzione dello "stallo", per la leader di FdI «ora è in capo ai Presidenti delle Camere e speriamo che abbiano un atteggiamento meno pilatesco del passato». In seconda battuta è lo stesso Salvini - dopo che i due capigruppo leghisti Molinari e Romeo erano tornati a chiedere le dimissioni di tutti i componenti del Comitato - a introdurre un nuovo elemento critico: «In questo momento gli amici dell'Iran non sono amici miei», ha spiegato in riferimento all'eventualità che la presidenza del Copasir possa essere affidata ad Urso.

 

 

 

Ruoli e nomine

Un affondo, questo del Carroccio sul Copasir, che viene letto come elemento da inserire nell'accordo con gli alleati che contemplerebbe non solo le grandi città ma anche i ruoli parlamentari (ad esempio la vicepresidenza del Senato, occupata proprio da Ignazio La Russa). Da FdI, ufficialmente, non giunge nessuna replica alla stoccata. Ciò che fanno circolare fonti di via della Scrofa, però, è che la materia del Comitato di garanzia non starà al centro del vertice di lunedì: «Non abbiamo mai vissuto questa vicenda come un braccio di ferro tra Fratelli d'Italia e Lega - spiegano - ma semplicemente come un equilibrio istituzionale da tutelare tra maggioranza e opposizione».