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Lega, la mossa del M5s per far fuori Matteo Salvini dal governo: "Un precedente pericoloso"
Claudio Durigon, massiccio sottosegretario di Stato all'Economia in quota Lega ha perso 26 chili in due mesi perché «la responsabilità fa dimagrire», afferma lui. Finita questa turbolenta faccenda della mozione di sfiducia personale nei suoi confronti da parte del M5S, probabilmente il Durigon sarà un figurino. Oggi Elisa Tripodi e Cosimo Adelizzi, vicepresidenti del Comitato direttivo 5 Stelle a Montecitorio e primi firmatari della mozione di cui sopra, ancorché sostenuti dall'esiliato extraparlamentare Ale Dibattista e dal segretario di Sinistra Italiana Fratoianni, propongono che Durigon lasci la poltrona. Otto giorni fa, uno scoop di Fanpage aveva reso nota una quantomeno incauta affermazione del sottosegretario in riferimento all'inchiesta sui favolosi 49 milioni di fondi pubblici della Lega.
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LE ESTERNAZIONI
Il massiccio Durigon era stato intercettato mentre confidva a ad un amico: «Quello che indaga della Guardia di Finanza, il generale, lo abbiamo messo noi». Certo, a sentirsi, suona cacofonico. Il M5S aveva chiesto spiegazioni: «Le esternazioni del sottosegretario riguardo a un millantato "controllo" delle indagini e dei processi portati avanti dalla Guardia di Finanza rispetto al suo partito gettano una oscura e pesante ombra sull'imparzialità e sull'incorruttibilità del Corpo dello Stato». Di tutta risposta sia Durigon che Salvini avevano invece derubricato il tutto a perdita di tempo; perchè - a parte l'inopportuna uscita del massiccio - non si palesavano né reati sulla battuta, né violazioni etiche. Alcuni compagni di partito hanno suggerito che Durigon facesse lo sborone, in un acrobatico esercizio di millantato titolo. Ma tant' è. Non soddisfatti della non-risposta, i 5 Stelle - Di Maio in testa - ora chiedono a Draghi di «avviare immediatamente le procedure di revoca, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri, della nomina a sottosegretario di Stato del deputato Durigon». E stavolta tocca al ministro dello Sviluppo Giorgetti ribadire la linea della "perdita di tempo" in rapporto all'immenso lavoro sul Recovery in cui sono impegnati i dicasteri, compreso il Mef del massiccio Durigon. Ora, in condizioni normali, la sfiducia rientrerebbe nella logica della lotta parlamentare. Ne faccio fuori uno tuo, per metterci uno mio.
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Ma -al netto di Fratoianni e Dibba che si schierano per mestiere- i 5 Stelle stanno al governo con la Lega, non all'opposizione. E la rimozione di Durigon, sulla base di un'intercettazione di quel tono, costituirebbe un pericoloso precedente per una compagine richiesta di massima solidità e azzeramento dei litigi, dal premier. Certo, dal Pd notano come Salvini stesso si smarchi dalle decisioni del suo governo, con gli slanci sul coprifuoco da slittare alle 23 (tesi recepita oramai pure dai 5 Stelle), sul Ddl Zan o sul referendum sulla giustizia.
E SALVINI, ALLORA?
E un po’ è vero. Se non fosse che Salvini, -un occhio al suo elettorato e l’altro alla concorrenza di Meloni- articola proposte su contenuti di legge. E a testimoniare l’attenzione del leader della Lega sui delicati equilibri di Palazzo Chigi è la sua “non sfiducia” verso il collega di governo Speranza. Letta s’incazza, ovvio. E il Salvini di piazza e di governo resta un funambolo dell’esecutivo. Altro, invece è l’attacco cieco, pronto e assoluto dei 5 Stelle verso un alleato né indagato né indiziato di reato, né particolarmente discusso. Qui si assiste, più o meno allo stesso copione che portò alle dimissioni del sottosegretario leghista Armando Siri (che, dopo, s’è visto: lo scoppio d’una bolla di sapone)...