Indiscrezioni pesantissime

Sergio Mattarella, indiscreto-Dagospia: "Fortissime pressioni per farlo rimanere al Quirinale", cosa c'entra Draghi

Sergio Mattarella è molto preoccupato per la faida scoppiata all'interno della magistratura. "Prima il caso Palamara, con libro a seguire, poi le beghe all'interno della procura di Milano per il processo Eni-Nigeria e ora i verbali dell'ex avvocato dell'Eni, Piero Amara, che vagheggia delirando fantomatiche logge di toghe e pezzi da novanta: per il Colle la misura è colma", rivela Dagospia. Qualcuno, da destra, chiede lo scioglimento del Csm, un provvedimento che è un atto eccezionale e che spetta al presidente della Repubblica. Il problema è che mancano pochi mesi  all'inizio del suo semestre bianco (agosto 2021), e "sciogliere il Csm non si può proprio", scrive sempre Dagospia.

 

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Mattarella, inoltre, non vuole prendere in considerazione l'ipotesi di prolungare il suo mandato al Quirinale oltre la scadenza di gennaio 2022. Ha già rifiutato un biennio-ponte fino al 2023 per permettere a Mario Draghi di terminare il Recovery plan, e prendere il posto dello stesso Mattarella al Quirinale. Ma Mattarella non vuole andare oltre il suo settennato, pur apprezzando l'ipotesi di Draghi al Colle. Ma le pressioni su di lui sono tante: in Italia (i partiti) e all'estero (Bruxelles, Washington, Berlino), e alla fine, scrive sempre Dagospia, "Sergione potrebbe essere costretto ad accettare…".

 

 

Draghi infatti ha bisogno di tempo anche per portare a termine la più delicata delle riforme: quella della Pubblica Amministrazione. "Che senso ha far piovere sull'Italia i 209 miliardi del Recovery plan se poi questa montagna di denaro rischia di incepparsi in lungaggini, burocrazie, ricorsi, controricorsi, Tar, battaglie legali e bizantinismi procedurali?", si chiede il sito di Roberto D'Agostino. Sito che rilancia così l'ipotesi che Mattarella alla fine possa essere costretto, volente o nolente, restare al Quirinale e tenere calda la sedia del Colle fino a che Draghi completerà il suo lavoro da premier, per essere eletto poi dal Parlamento congiunto come nuovo Capo dello Stato.