Intervista
Gregoretti, quando Carlo Nordio diceva: "Un processo politico, non c'è alcun reato"
Nel giorno dell'udienza preliminare del processo Gregoretti a Matteo Salvini, vi riproponiamo l'intervista a Carlo Nordio, di Pietro Senaldi, pubblicata su Libero lo scorso 13 gennaio.
Anche quando era in attività, come Procuratore, Carlo Nordio è stato sempre un magistrato sui generis, più attento alle ragioni della giustizia sostanziale che a quelle della categoria. Da inquisitore anche di imputati eccellenti, non ha mai cercato la ribalta mediatica e ha sempre scansato ogni tentazione di carriera politica, sia dentro la magistratura che in Parlamento, sebbene le occasioni certo non gli siano mancate. Oggi, in pensione, in tema di giustizia è forse la voce più libera, liberale e autorevole che ci sia.
Se fosse ancora al lavoro, avrebbe indagato Salvini per sequestro di persona per aver impedito lo sbarco per quattro giorni ai profughi della Gregoretti?
«A detta della Procura di Catania, l’indagine si sarebbe dovuta archiviare perché l’ipotesi di reato non esiste. Condivido».
Salvini agiva davvero nell’ambito dei suoi poteri di ministro?
«Questo è ovvio, altrimenti non sarebbe stato indagato per un reato ministeriale. In realtà le domande che contano sono due: se il reato sia ipotizzabile e, in caso affermativo, se sia stato commesso per tutelare un interesse dello Stato».
Partiamo dalla prima…
«La Procura si è già espressa, dicendo che il reato non esiste nella sua materialità. Trattenere delle persone a bordo di una nave con tutte le assistenze del caso per un paio di giorni è difficilmente qualificabile come sequestro di persona. Tant’è che proprio la ridotta permanenza sulla Gregoretti, a differenza delle due settimane passate dai profughi sulla Diciotti, sta alla base della differente valutazione da parte della Procura di Catania, che in un caso ha ravvisato gli estremi del sequestro e nell’altro no. Non so in base a quali considerazioni il tribunale dei ministri abbia disatteso l’orientamento dei magistrati».
Arriviamo alla seconda domanda dirimente: Salvini ha agito per tutelare l’interesse nazionale?
«Anche qui la risposta l’hanno già data i pm, e fin dal caso Diciotti, quando la Procura, pur ravvisando gli estremi materiali del reato di sequestro di persona, chiese l’archiviazione del procedimento ritenendo che Salvini avesse agito nell’ambito dei propri poteri, e quindi nell’interesse del Paese. Questo è un giudizio di alta responsabilità politica, non di colpevolezza penale e quando si ravvisa l’interesse nazionale, il Parlamento deve negare l’autorizzazione a procedere. Questa è una garanzia prevista da una legge costituzionale, ed è attribuita alla carica, non alla persona, che non può nemmeno rinunciarvi. Pertanto ritengo che sarebbe giusto che il Parlamento negasse l’autorizzazione a procedere contro il leader leghista».
Salvini è stato assolto dai suoi colleghi senatori per la Diciotti ma forse sarà condannato per la Gregoretti: l’eventuale comportamento criminoso tuttavia non è identico, o quanto meno non risponde a un medesimo eventuale disegno criminoso?
«I due casi sono politicamente simili, perché rappresentano la volontà politica del governo di allora di limitare gli sbarchi, tant’è che nel caso Diciotti la decisione fu ufficialmente collegiale, e se si fosse processato Salvini si sarebbero dovuti processare anche Conte, Di Maio e Toninelli. Ma lì la Procura di Catania, più che pronunciarsi sull’esistenza del reato aveva invocato l’esercizio di un potere discrezionale del ministro, quindi una sorta di scriminante. Nel caso Gregoretti, al contrario, la Procura ha detto che il reato non esiste e quindi, se Salvini fosse rinviato a giudizio, paradossalmente il pm dovrebbe esordire chiedendone subito il proscioglimento, in coerenza con le sue precedenti conclusioni».
Conte si autoaccusò nel caso Diciotti mentre nel caso Gregoretti accusa il suo ex ministro sostenendo che della vicenda specifica non si è mai parlato in consiglio dei ministri. Ma è un dato così determinante?
«Una delibera ufficiale e collegiale del governo non mi pare ci fosse neanche nel caso Diciotti, dove però Conte e Di Maio avevano dichiarato di aver comunque concordato la decisione di Salvini. Per la Gregoretti le versioni divergono, Salvini dice che erano d’accordo, loro negano. Ma questo ha un’importanza relativa, perché è ovvio che tutti, il governo come noi lettori, erano al corrente del veto all’approdo immediato da parte del ministro. Il punto è se questa conoscenza imponesse al presidente del Consiglio di impedire quello che, ipoteticamente, era un reato. Da un punto di vista costituzionale è un bel problema se il premier abbia il potere-dovere di bloccare una decisione criminosa di un suo ministro».
E se questo dovere-potere ci fosse, come plausibile visto che la Costituzione attribuisce al presidente del Consiglio il potere di indirizzare la politica del governo?
«Se la risposta fosse positiva, Conte dovrebbe essere indagato con Salvini, perché l articolo 40 del codice penale è chiarissimo: non impedire un evento che si ha il dovere di impedire equivale a cagionarlo. In ogni caso la corresponsabilità politica c’è tutta: se fosse stato contrario, Conte avrebbe quantomeno dovuto dissociarsi in modo ufficiale».
Perché secondo lei la maggioranza degli italiani sta con Salvini sulla vicenda: per ragioni politiche, perché l’accusa è comica o perché la maggioranza è contro l’immigrazione clandestina?
«Credo per tutte e tre le ragioni, anche se più che comica definirei la tesi accusatoria ardita. Ma, attenzione, non è la tesi del pubblico accusatore, ma del tribunale dei ministri».
Ritiene che dopo l’impegno di Salvini al Viminale sia migliorata la situazione dell’immigrazione clandestina in Italia?
«L’opera di Salvini era già stata iniziata da Minniti, e l’attuale ministro Lamorgese sta agendo con grande professionalità. Ma certamente con Salvini il problema è stato portato anche a livello europeo, e questo ha contato molto, anche se ci è costato l’ostilità di alcune nazioni abituate a considerare l’Italia un paesucolo pusillanime e permissivo».
Può essere un boomerang per la sinistra processare Salvini?
«Il rischio c’è, visto che vogliono far slittare la decisione dopo le elezioni di gennaio. Un altro aspetto paradossale di questa vicenda.
Quello contro Salvini è un processo politico?
«Quello in Giunta e in Senato è, per definizione, un processo politico».