Battaglia legale
Gregoretti, le due prove a favore di Matteo Salvini: così ha convinto anche i pm della sua innocenza
C'è un giudice a Catania. Non ha detto esattamente questo Matteo Salvini, giunto in sala stampa all'ex dogana dopo la sua "prima" in Tribunale, ma il senso c'è: «Sono assolutamente soddisfatto di aver sentito da parte di un giudice che quello che si è fatto non l'ho fatto da solo. Era parte di una procedura». Si chiude così la prima manche del caso Gregoretti: un processo anomalo, dato che «è la prima volta che difesa e accusa sostengono la stessa cosa». Già. In Aula, ieri, quest' ultima non c'era: dato che la Procura ha ribadito il «non luogo a procedere» nei confronti del leader della Lega (accusato di sequestro aggravato di persona).
Da parte sua il Gup Nunzio Sarpietro ha stabilito di rinviare l'udienza preliminare al 20 novembre. E sta qui la prima sorpresa. In quell'occasione infatti, e poi il 4 dicembre, gran parte dell'ex governo giallo-verde, lato 5 Stelle, dovrà far compagnia proprio a Salvini in Tribunale: dal premier Conte a Danilo Toninelli, da Elisabetta Trenta a Luigi Di Maio. Ciliegina sulla torta? Assieme a loro dovrà presentarsi anche l'attuale ministro Luciana Lamorgese. Il motivo? Il Gup ha dato mandato di accertare «quanti e quali episodi di sbarchi di migranti simili si siano verificati nel periodo in cui l'inquisito rivestiva la carica di ministro dell'Interno, estendendo l'accertamento anche ad altri sbarchi avvenuti successivamente (ossia nel Conte 2, ndr)».
Una mossa a sorpresa che alimenta la linea difensiva di Salvini dove si afferma, tra le altre cose, come anche il governo Conte II ha seguito la stessa procedura: imbarcazioni tenute per giorni in stallo prima di autorizzare lo sbarco in attesa di accordi di ricollocamento. «Vediamo cosa diranno i ministri chiamati dal giudice» ha commentato sornione l'ex ministro precisando di non averli citati «perché non credo ci sia stata nessuna colpa». Ma i colpi di scena non finiscono qui. Giulia Bongiorno - qui nella veste di legale di Salvini - ha tirato fuori ciò che potrebbe smontare l'impianto accusatorio del Tribunale dei ministri: «C'è stato un errore di traduzione - ha spiegato -. Il tribunale sostiene che la normativa europea prevede che è obbligatorio far sbarcare nell'immediatezza, ma il termine "until" non richiama l'immediatezza bensì i tempi ragionevoli. Quindi l'obbligo di sbarco immediato non esiste».
Visibilmente soddisfatto, dopo giorni di tensione, Matteo Salvini. «Tornerò in questa splendida città, ma non da solo». Un modo per ribadire che «a differenza di altri, non cambio faccia e giudizio se sono al governo o all'opposizione. Credevo e credo che tutelare i confini dell'Italia fosse un dovere». La prova madre, per spiegare che si è trattato di una prassi rivendicata da tutto il governo, sta in una dichiarazione pubblica di Conte citata dall'ex ministro: «Sono tre lettere a fare la differenza. A dicembre 2019 il presidente del Consiglio disse: "Noi ci occupavamo di ricollocare gli immigrati e poi c'era lo sbarco". Ripeto: "Poi". Quindi prima ricollocavamo i migranti, poi c'era lo sbarco». Corresponsabili dunque anche Conte & co? Non è questa l'intenzione di Salvini: «Io mi sono rifiutato di dire "sono colpevoli" anche loro, perché la mia tesi è esattamente l'opposto: sono innocenti anche loro».