Le trame sinistre
Stefano Bonaccini e Matteo Renzi, il "patto della sconfitta". Retroscena: "Fanno fuori Conte e Zingaretti, poi al Quirinale..."
Nel Pd c'è chi tifa "cappottone" per sbarazzarsi di Nicola Zingaretti? L'incubo della sconfitta per 5-1 alle regionali di settembre (delle 6 sfide, l'unica al sicuro sembra per ora solo la Campania, con Puglia. Marche e Toscana in odor di ribaltone) si sta materializzando al Nazareno e il dubbio, tra i fedelissimi del segretario, è che metà partito non faccia poi molto per invertire la tendenza dei sondaggi. Una sconfitta così sonora sarebbe sicuramente la fine della leadership di Zinga, ma avrebbe riflessi anche sull'alleanza con il Movimento 5 Stelle, ormai indigesta a molti a sinistra. L'identikit di ch "rema contro" porta a nomi e cognomi. Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia Romagna diventato "uomo forte" dopo aver battuto la Lega (e Matteo Salvini, di fatto) alle urne lo scorso gennaio e aver affrontato con nervi saldi la tempesta coronavirus. E Matteo Renzi, che lanciò Bonaccini e che secondo indiscrezioni sta brigando da mesi per "riformare" il centrosinistra, se necessario disintegrando il Pd, suo ex partito. In ballo, peraltro, a settembre c'è anche il referendum, una partita che apre spiragli imprevedibili dentro i partiti e nel Parlamento, con il corollario della legge elettorale da rifare.
"Il sospetto - scrive il Fatto quotidiano - è che un fronte interno lavori per arrivare alla sostituzione di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi: per riuscire a farlo bisogna azzoppare Zingaretti, che è il suo migliore alleato". Il paradosso è che per ottenere tutto questo occorre una strategia "alla Tafazzi": far di tutto per perdere le elezioni. "Da noi funziona così - spiegano fonti dem al Fatto -: prima tutti col segretario poi ognun per sé. O meglio: morto un Papa se ne fa un altro". Eccolo, il "patto della sconfitta". Per Bonaccini e Renzi sarebbero due piccioni con una fava: il primo si prende il Pd, il secondo fa cadere Conte da gran burattinaio, come un anno fa. Con riflessi clamorosi, come un posto al governo per Maria Elena Boschi. E tutto all'ombra di Dario Franceschini: "Nel caso di una batosta elettorale che terremotasse Zingaretti e con lui l'alleanza con i grillini, che farebbe?", domanda il Fatto. "Risposta: 'Pur di arrivare al Quirinale, qualunque cosa'".