Ritratto
Alessandro Zan, il leader gay vicino al Pd che vuole farsi la legge ad personam: tutti i suoi segreti
Non chiamatela "guazzabuglio legislativo": la legge-bavaglio contro l'omotransfobia e la misoginia è molto di più: una legge ad personam potenzialmente liberticida che prende il nome da Alessandro Zan, deputato padovano del Partito democratico e storico (ancorché assai giovane) campione delle battaglie omosessualiste italiane. Già presidente dell'Arci Gay Veneto e militante LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender o altri orientamenti), promotore dei Gay Pride e inventore del "Kiss2Pacs" che nei primi anni Duemila avrebbe propiziato la regolarizzazione delle unioni civili a colpi di baci nelle pubbliche piazze. Chi meglio di lui? Anzi: chi più fortunato di lui, ora che la "sua" legge è atterrata dalla commissione Giustizia nell'Aula di Montecitorio, malgrado alcuni legittimi dubbi di parte femminista? A forza di relativizzare l'identità di genere, hanno infatti osservato alcune signore libere ed emancipate dalla cultura patriarcale, qui si rischia di precipitare nell'indistinto anche la femminilità come origine del mondo!
Pazienza, perché i tempi sono finalmente maturi affinché il legislatore metta la mordacchia pure alla grevità delle battute eterocentriche o alla levità dell'ironia tagliente. Nel merito, si tratta di un'estensione della vecchia legge Mancino che prevede da uno ai quattro anni di carcere per "chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi". Zan ha fatto aggiungere alla fattispecie gli elementi di violenza "fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere". Inoltre verrà istituita la giornata nazionale contro "l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia" e saranno accantonati 4 milioni di euro per il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Funziona così, dunque: è giunto il momento di risarcire una pluralità di mondi sessualmente corretti e pretenziosi, sacrificare il vecchio mondo fatto d'identità assolute e donare loro lo scettro del comando. Come scriveva nel secolo scorso Antonin Artaud occupandosi dell'imperatore Eliogabalo, siriaco e pansessuale, "l'assoluto è un'astrazione e l'astrazione richiede una forza che è contraria al nostro stato d'uomini degenerati". Ma che dico, uomini: monadi sessualmente fluide, per l'appunto.
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RAPPORTI DI FORZA
Sicché l'Italia, che da vari anni si autopercepisce come la terra delle leggi ad personam, adesso deciderà di incoronarne uno (Zan) per accontentare una moltitudine. Sarà pure una minoranza, direte, ma è quella egemonica e lo è al punto tale che mentre afferma con impeto la propria verità granitica - e cioè che non esistono verità sessualmente definite e anzi la cosa ha valore di dottrina da inculcare ai giovani sin dall'età più tenera - ne giustifica la ragion d'essere come il deterrente contro una discriminazione invero sempre più immaginaria. È un rovesciamento surreale dei rapporti di forza e sa di vendetta retroattiva la cui vittima non sono gli storici persecutori materiali dell'omosessualità, ma rischia di essere la contemporanea libertà d'espressione e di opinione. Un tempo era Silvio Berlusconi a imperare con le sue leggi Cirielli e Alfano eccetera, con i suoi commi e i suoi emendamenti per sfuggire al laccio dei togati arrembanti e malintenzionati.
Poi, dissero le malelingue in spregio al vero, sarebbe arrivato il suo avatar Matteo Renzi con la sua "Buona scuola" riformata per fare assumere Agnese, moglie e insegnante. Adesso è il turno di Zan e del suo allegrissimo e tenace corteggio, effigie animata di un micropotere che ha scalato montagne e piazzeforti romane, facendosi narrazione dominante fin dentro Palazzo Chigi e nei luoghi strategici della comunicazione di governo o di anti governo. Muovendo dalla sottocultura transgender, piano piano l'onorevole Zan ha imboccato la via maestra fino all'approdo parlamentare. E si è infine cucito un abito arcobaleno su misura che nell'èra della riproducibilità tecnica potrà divenire la nostra comune uniforme mentale, se non fisica perfino e ovviamente seriale.
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SESSI E CONTESTI
Guai però a rimpiangere le vecchie zie che non ci salveranno o, peggio ancora, a piagnucolarci sopra quali rugosi collitorti reazionari: come insegnano i poeti, ciò che cade è già caduto e il principio vale anche per le dighe immateriali della sessualità così come l'abbiamo conosciuta o vissuta in epoca analogica. Verrà un giorno in cui i nostalgici inveterati riusciranno magari a far celebrare la giornata mondiale contro l'eterofobia e non sarà nemmeno un giorno migliore di tanti altri: si dimostrerà soltanto che la ruota ha completato il giro e forse i più assennati comprenderanno come la vera libertà stia nel lasciare in pace il calendario, non attribuirsi per decreto ogni colpa immaginabile e lasciare che sessi e contesti vivano di luce propria e soprattutto privata. Discriminare ogni discriminazione è un dovere civile e morale. Imporre una dottrina ad personam con ricadute penali per nuovi reati di opinione, e per di più attraverso una maggioranza nata un anno fa giusto con l'obiettivo di approvare la legge di bilancio e il taglio dei parlamentari per poi andare al voto, è un'esagerazione che potremmo anche evitarci.