L'intervista
Giulia Bongiorno a Senaldi: "Dopo Palamara ed Esposito i clienti mi chiedono di che corrente è il giudice"
«Ormai con i clienti imputati non si parla più dei processi, dei testimoni, delle prove a favore, di come smontare l'incriminazione. Arrivano in studio e la loro principale preoccupazione non è dimostrare l'innocenza ma capire da che parte sta il giudice, chi l'ha messo lì, chi frequenta. Sono terrorizzati che il pubblico ministero possa condizionare il magistrato giudicante. La prima domanda che mi viene fatta è se l'accusatore fa parte di una corrente potente che può in qualche modo incidere sulla carriera della toga che emetterà il verdetto». La senatrice della Lega Giulia Bongiorno è la più nota penalista italiana. Da Giulio Andreotti a Raffaele Sollecito, ha difeso tutti, «ma oggi mi tocca prendere le parti dei giudici e proteggerli dai sospetti degli imputati; passo ore a tentare di persuadere i miei assistiti che la maggior parte dei giudici sono persone perbene e il processo non verrà strumentalizzato politicamente. Anche oggi sono in ritardo all'appuntamento con lei, cosa che non mi succede mai, perché ho avuto questo fuori programma della difesa del magistrato giudicante». Da che è scoppiato lo scandalo delle intercettazioni di Palamara, che ha svelato il segreto di Pulcinella, ovverosia che le nomine dei vertici di tribunali e procure hanno poco a che vedere con il curriculum professionale delle toghe e molto con le loro relazioni politiche e le trame di palazzo, l'avvocato Bongiorno ha scelto la via del silenzio. Non è avvocato che spara sulla croce rossa e neppure che punta il dito accusatore. «Non so se i timori dei miei clienti di andare incontro a un verdetto che risponda a logiche politiche e di carriera piuttosto che a quello che risulta dal dibattimento siano fondati» precisa, «però so che esistono, e già questo lo ritengo gravissimo per la magistratura e la credibilità delle istituzioni. Se poi ci mettiamo anche i magistrati condannati a dieci anni per corruzione, come appena successo in Puglia, cosa deve pensare un cittadino che finisce nelle maglie della giustizia?».
Avvocato, la magistratura è così compromessa?
«I primi a soffrire del degrado della magistratura sono i magistrati. Molti di loro si vergognano della categoria alla quale appartengono. Io nei tribunali vedo che la maggioranza delle toghe, che nessuno intervisterà mai e non finirà nei talkshow televisivi, è preparata, corretta, laboriosa e garantisce un certo equilibrio della giustizia. Ma bastano poche toghe non indipendenti per rendere tutto il sistema poco credibile e creare una situazione di grande tensione e diffidenza, come è quella attuale». Perché i giudici non politicizzati, che sono la maggioranza, non si ribellano al sistema se ne sono le prime vittime?
«Non hanno il potere di farlo; sono impotenti, inermi. Non fanno politica e quindi non occupano posti di rilievo nelle correnti e non approderanno mai al Csm né faranno facilmente carriera».
Rimedi possibili?
«Il momento è delicatissimo. La prima cosa da fare, è la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura. Ma nella maggioranza ci sono visioni opposte sulla giustizia. Di certo non la vuole Bonafede, perché richiede troppo coraggio farla».
Ho la sensazione che lei saprebbe come farla.
«Il punto di partenza non è chiedersi come bisogna andare al Csm ma chi vogliamo che ci vada. La mia opinione è che solo a un magistrato davvero indipendente si possa dare il potere di decidere sugli incarichi dei colleghi e solo chi è a fine carriera, e dopo l'esperienza in Consiglio non indosserà mai più la toga, si trova in questa condizione. Finché vai e torni, non potrai mai essere indipendente, perché è umano pensare al proprio futuro».
Perché Bonafede non potrebbe varare una simile riforma?
«Significherebbe sconvolgere il sistema dalle sue fondamenta; invece il Guardasigilli continua ad annunciare una finta riforma, peraltro non ancora depositata, del tutto inutile, perché incide solo sul sistema elettorale ma non risolve il problema essenziale dei requisiti di indipendenza necessari per far parte del Csm».
Che idea si è fatta dello scandalo Palamara?
«Se si continua a parlare solo di Palamara non ci si misura con la gravità del sistema di scambi di favori, che incide sulla indipendenza della magistratura. Non vorrei che si cercasse di far passare il tema come un fatto circoscritto: si sa tutto di lui perché il trojan è stato messo nel suo telefonino; se l'avessero piazzato in quello di altri Mi sembra pacifico che non abbia creato da solo il sistema di potere che è emerso dalle intercettazioni».
Mi sta dicendo che secondo lei c'è dell'altro?
«Non sappiamo se sono venute fuori tutte le intercettazioni. In genere nella prima fase delle indagini viene trascritta solo una parte delle registrazioni, quella favorevole all'accusa».
Palamara è finito nel tritacarne perché ha perso una battaglia di potere?
«Questo non lo so. Per fare il magistrato occorre un'etica che nessuna legge può dare, ma una riforma dovrebbe prevedere un sistema di accesso alla magistratura rigoroso includendo anche i tanto contestati test psico-attitudinali».
Ci sarebbe una sollevazione della categoria.
«Che invece ne guadagnerebbe. Noi avvocati facciamo l'esame dopo un lungo periodo di pratica, sotto il controllo del maestro avvocato. Ho sconsigliato a molti giovani di fare l'esame di avvocato, ad esempio. Serve un sistema simile per la magistratura. Un esperto magistrato che valuti l'attitudine. Invece oggi c'è un concorso su base mnemonica e Bonafede resta immobile».
Comunque queste intercettazioni hanno fornito un assist straordinario a Salvini.
«Sentire un magistrato - che, con Dio e il sacerdote, è l'unico al mondo che ti possa condannare o assolvere - dire attacchiamo Salvini anche se ha ragione ha lasciato basito e incredulo anche chi detesta il leader della Lega, perché la gente ha realizzato che puoi essere processato a prescindere dai torti e dalle ragioni. Anche molti che mi criticarono quando mi candidai con il Carroccio mi hanno chiamato per manifestarmi la loro preoccupazione».
È stata una svolta epocale?
«Più che una svolta, ha reso chiaro anche ai non addetti ai lavori ciò che nell'ambiente sapevano tutti. Adesso molti pensano che quello che è capitato a Salvini può capitare anche a loro. Si sentono più fragili e la cosa ha un effetto drammatico per la giustizia. È devastante il riferimento ad un fatto oggetto di indagini. Da avvocato, provo rabbia».
Quando è iniziato il deterioramento della magistratura?
«Lo scambio di favori e il mercanteggiamento politico sono pratiche che ci sono sempre state. Diciamo che con il tempo si sono cronicizzate».
E delle novità sulla condanna a Berlusconi, con l'audio di uno dei giudici che condannò il Cavaliere che si scusa con lui e dice di aver dovuto obbedire a input superiori? «Voglio dire soltanto che non si può non andare a fondo sulla vicenda facendo finta che non ci riguardi. Queste cose incidono su tutti i cittadini».
Gli anti-berlusconiani insinuano dubbi sull'audio.
«Ho lavorato per sette anni con l'avvocato Coppi, che non è uno dei difensori storici di Berlusconi e non gli deve nulla. Non solo non si presterebbe a giochi politici, ma quando nei processi oggetto di attenzione pubblica arrivavano testi favorevoli alla difesa, lui li cacciava via se aveva dei dubbi. Se lui produce l'audio del giudice, significa che è certo della bontà della prova. Ma a parte i casi specifici, il punto è che serve avere il coraggio di cambiare, e chiamo in causa Renzi e Italia Viva».
E cosa c'entra l'altro Matteo?
«Quando la Lega governava con il M5S, uno dei punti di maggiore scontro era la riforma del Csm. Ci siamo seduti al tavolo con Bonafede e, quando abbiamo capito che non voleva riformare nulla, ce ne siamo andati e l'esperienza del governo si è chiusa. Salvini ha rotto anche sulla giustizia; Renzi invece continua a pungolare ma poi torna indietro. Così è troppo comodo. Se a uno non stanno bene le cose, deve trovare la forza di ribaltare il tavolo».