Tutti a scuola
Roberto Calderoli, il mastino anti-scartoffie a cui Pd e M5s dovrebbero inchinarsi
Aula del Senato 9 aprile 2020, il ministro grillino D'Inca balbetta per l'imbarazzo di non riuscire a chiudere l'ennesimo testo di legge. In quel mentre, sommessamente, nelle caligini del regolamento, chiede di parlare un senatore dall'aria mite, ne ha facoltà. È Roberto Calderoli. Con la sua bella faccia da Renato Pozzetto e la tigna giuridica d'un Calamandrei, Calderoli tira fuori il rasoio.
«Signor Presidente, a questo punt\o qui c'è qualcosa che non va. Il ministro, alle ore 12,31, ha detto che era pervenuto il testo bollinato dalla Ragioneria. Gliel'ha consegnato e lei lo ha giudicato rispetto all'ammissibilità. A questo punto non c'è possibilità di modifica del testo. Visto che il nostro Regolamento prevede che il deposito dell'emendamento governativo su cui si chiede la fiducia travolge tutto il resto, cosa che è stata fatta, adesso il Parlamento chiede di votare, perché ne ha le balle piene». La presidente Casellati lo ammonisce (con una malcelata venatura d'ammirazione). Metà dell'emiciclo - quella destra - tuona d'applausi, l'altra metà alza gli occhi al cielo: «Oddio, ci risiamo». Sì, ci risiamo. La suddetta scena è la fotografia di un rito antico. Appena una norma si contorce, appena scattano un termine o una decadenza, o alla maggioranza scappa una cazzata; be', d'un lontano passato in cui i legislatori conoscevano il mestiere, si palesa il Calderoli. Classe '56, dinosauro della giungla parlamentare, ultimo leghista della vecchia guardia sopravvissuto alle bufere giudiziarie e divenuto spalla tecnica di Salvini tra tanti spalloni di ideologia un tot al chilo, Calderoli, oggi più mai, va rivalutato.
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SENZA RISPARMIO
Certo l'uomo è complesso. È amabile ma stronzo; simpatico ma in grado di fucilarti con una battuta; ultracattolico al punto da sfidare il governo sulla frequentazione delle messe ma capace di sposare la sua prima compagna Sabrina Nobile con uno scombiccherato rito celtico. Calderoli è il medico gioviale che aveva sempre una buona parola per i pazienti. Ma pure il politico securitario che concedeva interviste in villa, sui colli bergamaschi, accompagnato da due lupi - lupi, non cani lupo - ringhianti, come raccontò in un pezzo esilarante Vittorio Feltri («Non si preoccupi direttore, sono buoni...». Che ricorda un po' la scena di quel film di Pozzetto impietrito davanti due doberman, con la proprietaria di casa che tentava di tranquillizzare: «Non si preoccupi, li ho fatti castrare»).
Certo, l'uomo lo si conosce: è complesso, fumantino, spesso inutilmente polemico. E la vita gli ha scaraventato addosso non poche seccature, compresa una malattia che il senatore ha combattuto con coraggio buttandosi nel lavoro. Ricordo, tre anni fa, un Calderoli che, smagrito e affaticato, non si risparmiava nel sostenere perfino la candidata sindaco alle amministrative di Parma in comizi a batteria. Eppure, in questo clima di approssimazione tecnico-politica, ci vorrebbe un Metternich delle procedure come lui. Pensate a cosa (non) si sta realizzando nella delirante fase post Covid. Ventimila richieste di domande in tre ore all'Inps per il reddito di emergenza che già si preannunciano difficilmente evadibili; la cassa integrazione in deroga che non arriva e che se arriva è al 50% (dati Unimpresa); 1,1 milioni di partite Iva che non hanno mai visto il bonus da 600 euro, il mitico piano da 196 miliardi di «opere già finanziate» che il ministro Paola De Micheli cerca disperatamente di varare; il 38% delle aziende italiane a rischio implosione; i 16 miliardi di capitali investiti in fuga dall'Italia ogni giorno. E molte altre catastrofi. Il tutto causato da decreti legge mal scritti, ordinanze da resettare, burocrazia che si nutre di burocrazia. E qui mi tornano in mente i tentativi di cambiamento del Calderoli ministro delle Semplificazione, quando diede fuoco a 375.000 leggi abrogate in 22 mesi di legislatura, «per arrivare a non più di 5.000 leggi in vigore, ossia la metà di quelle rimaste, da riorganizzare a loro volta in testi unici suddivisi per settore», diceva.
LA SEMPLIFICAZIONE
Calderoli era quello che aveva previsto l'eliminazione di una serie di istituti, denominati «enti dannosi»: consorzi di bonifica, comunità montane, difensori civici, tribunali delle acque, enti parco. Ma una manina, in tempi successivi, rimaneggiò tutto. Calderoli è colui il quale, nel 2009, introdusse una norma sulla chiarezza dei testi normativi che impegnava inderogabilmente il governo; e, come al solito, a causa dell'assenza di sanzioni rivolte allo stesso governo, la norma rimase inapplicata. Per dire che le sue conoscenze tecniche, nonostante non abbia studi giuridici alle spalle, sono indiscutibili. Lo scorso dicembre, in tema di guerriglia parlamentare sull'autonomia delle Regioni, lo stesso costituzionalista Sabino Cassese - non un pirla qualsiasi - sulle pagine del Corriere della Sera rimase sbalordito dalla capacità del leghista, «come un Tarzan, di passare di liana in liana, di legge in legge» per arrivare a fare ammettere il proprio referendum alla Consulta incrociandolo, attraverso un procedimento ardito e complicatissimo, con l'altro referendum confermativo sul taglio dei parlamentari.
Calderoli non parla a vanvera, se lo fa va nel dettaglio. Ultimamente ha ventilato la pazza idea della patrimoniale su cui il governo è stato costretto ad una smentita tombale; ha accusato lo Stato di far pagare la cremazione dei bergamaschi morti per virus ai parenti; ha allertato sulla Germania che da un lato disconosceva l'autorità Ue attraverso la sua Consulta dall'altro sfruttava le leggi Ue per sbloccarsi una vagonata di aiuti di Stato. Non ho mai sentito uscire dalla bocca del senatore l'idea di un provvedimento legislativo che fosse soltanto ideologico, frutto di annunci o comunque staccato dalla realtà. L'ultima volta che l'hanno fatto incazzare, Calderoli non ha convocato piazze o esaltato le folle su Facebook. Ha sussurrato semplicemente: «Il nuovo regolamento di Palazzo Madama l'ho scritto io. Mostrerò a Conte e a suoi ministri cose che nemmeno si immaginano». E fu la volta che davvero il governo giallorosso ebbe un sussulto