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Matteo Renzi, "La Stampa": il piano-B, rinunciare al mandato
Fare i conti coi palazzi romani non è affatto scontato. Anche il dinamismo frenetico di Matteo Renzi - "flipper", per gli alfaniani - potrebbe soccombere nella palude che circonda Palazzo Chigi. Baldanzoso, il segretario della Pd è già costretto a leccarsi le prime ferite. No, non è tutto così semplice. No, non basta quell'innata forza propulsiva. Alcuni possibili ministri si sfilano, altri papabili rifiutano esplicitamente, le alleanze non sono affatto scontate, l'opposizione interna seppur silenziosa è asfissiante, il programma deve essere pesato col bilancino (anche perché i voti per governare da solo, Renzi, non li ha). Pure la riforma elettorale, in questo contesto, potrebbe essere a rischio. L'agiografia di Matteo - Insomma, per dirla con le parole di Federico Geremicca su La Stampa, ora "è soprattutto nel mondo renziano - e se ne può intuire il perché - che va montando quella che potremmo definire un'affettuosa preoccupazione per la via intrapresa da Matteo e per i passi che muoverà". La preoccupazione monta "nella folla dei militanti, simpatizzanti, amici della prima ora e volontari di ogni elezione primaria che cresce il timore che il sogno possa interrompersi, che la cavalcata innovatrice del giovane sindaco-segretario finisca inghiottita nelle sabbie mobili romane e nel mare delle compatibilità da rispettare". Ipotesi rinuncia - Nel ritratto quasi agiografico che Geremicca fe del premier in pectore ("il sogno", "la cavalcata innovatrice del giovane" eccetera eccetera, lo spauracchio delle "sabbie mobili" pronte a inghiottire il grande innovatore) c'è però anche spazio per un messaggio, che poi è il cuore del commento della firma del quotidiano di Torino, molto vicina al sindaco uscente di Firenze. "Molti - continua Geremnicca - hanno annotato che, per come questa storia è cominciata, Matteo Renzi ha molto da perdere e poco - al momento - da guadagnare". E "già questo", si spiega, "potrebbe bastare a tenere in campo un'ipotesi che nessuno, pragmaticamente, ha voglia e intenzione di valutare: quella che il presidente incaricato, alla fine, possa rinunciare". Al voto, al voto - Ecco la bomba. Ecco il messaggio. Ecco quella che nel titolo viene definita "l'opzione di riserva del premier". Rinunciare al mandato. Il "popolo di Renzi", prosegue Geremicca, "non avrebbe dubbi: di fronte a un governo condizionato da partiti di centrodestra, con una squadra di volti noti o addirittura stranoti e con una programma monco sul piano dei diritti civili - per esempio - e condizionato da troppe compatiblità da riospettare, molto meglio dire no, non ci sto". Ma chi lo dice? Geremicca? Oppure il "popolo renziano"? Oppure Renzi in persona? Chiunque sia a parlare, La Stampa rivela lo scenario: "L'alternativa sarebbero le elezioni? Può darsi: sarebbero contenti tutti quelli che hanno cominciato a invocarle...". La "dritta" - Il suggerimento di Geremicca si fa poi più esplicito: "E' un'opzione (quella del voto, ndr) che - almeno nella fase delle trattative avviate - il premier incaricato farebbe bene a non accantonare, facendo intendere ai suoi interlocutori che non ha accettato l'incarico per fare un governo a ogni costo". Quindi la ripresa dei brani agiografici: "Il giovane sindaco-segretario sa che da lui non ci si aspetta semplicemente un governo, ma molto di più. Una svolta. Una rivoluzione, come lui stesso l'ha definita. La sopravvivenza di quell'inatteso ritorno di fiamma per la politica che è stato (ed è) il fenomeno che incarna". Il "pizzino" - Toni entusiastici, quando si parla di Matteo. E un avviso trasversale a chi Renzi lo osteggia: ai ministri che dicono "no", ad Angelino Alfano che "batte i pugni", a chi cerca di indirizzare le scelte del premier-in-potenza, a chi in definitiva cerca di "interrompere il sogno". Il dubbio è lo stesso esposto poche righe sopra. Chi parla? Geremicca e La Stampa oppure Renzi? Quanto si può tirare la corda? Matteo potrebbe davvero rinunciare all'incarico. "E' un'opzione che il premier farebbe bene a non accantonare", dice Geremicca. O chi per lui.