Verso le dimissioni?

Giorgio Napolitano, le consultazioni come una forca caudina

Andrea Tempestini

I giochi sono fatti. "Ho informato il presidente della Repubblica della mia volontà di rassegnare le dimissioni", comunica Enrico Letta dopo il voto in assemblea del Pd favorevole alla staffetta (voto favorevole con percentuali bulgare: 116 sì, 30 no). Domani, venerdì 14 febbraio, il passo indietro verrà sancito, cristallizzato. Il testimone passerà a Matteo Renzi. E anche se in questa Repubblica le consultazioni tra Quirinale e partiti per decidere il premier sono ormai ridotte a una pura formalità, le consultazioni dovranno essere fatte. Almeno la forma va salvata. Giorgio Napolitano, dunque, riceverà i leader per decidere chi spedire a Palazzo Chigi (anche se, ribadiamo, la decisione è già presa da tempo. Proprio come era presa da tempo quando ci fu l'avvicendamento tra Silvio Berlusconi e Mario Monti, tanto che oggi si può affermare senza timore di smentita che le consultazioni del novembre 2011 furono, semplicemente, una farsa). Silvio - Per quanto saranno una pura formalità, c'è chi alle imminenti consultazioni guarda con un sorriso sornione, malizioso, compiacituo e un po' sadico. Si tratta di chi, con il Quirinale, ha il dente avvelenato. Per Napolitano, infatti, queste consultazioni saranno un calvario: si troverà a tu per tu con tutti i più acerrimi "nemici". La lista inizia con il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. I rapporti tra i due sono ai minimi termini. Le recenti rivelazioni di Alan Friedman sul "colpetto di Stato" orchestrato nel 2011 hanno avvelenato il clima. Un faccia a faccia a pochi giorni da questa notizia, per Napolitano, potrebbe essere causa di sinceri rossori (senza contare il fatto che pure il "pregresso storico", tra voci sulle promesse di grazia e schermaglie continue, dà conto di un rapporto tra i due tutt'altro che sereno). Beppe e Mario - Fuori Silvio, ecco che al Quirinale salirà il leader del terzo gruppo in Parlamento, quello del Movimento 5 Stelle, ossia Beppe Grillo. Lo stesso Grillo che per Napolitano ha appena chiesto l'impeachment, accusandolo di essere un "golpista al soldo delle banche", imputandogli la "fine della democrazia" e, di conseguenza, l'alto tradimento allo Stato. La diretta streaming del faccia a faccia non ci sarà, ma c'è da esserne sicuri il clima nella stanza in cui si troveranno Re Giorgio e Beppe sarà irrespirabile. Fuori Grillo, ecco che al Quirinale salirà Mario Monti, quel Mario Monti che un tempo Napolitano aveva portato passo dopo passo fino a Palazzo Chigi, quel Mario Monti che, invece, ora gli ha voltato le spalle. Anzi, lo ha proprio tradito, confermando la manovra orchestrata da Re Giorgio per affidargli la poltrona che era di Berlusconi (parliamo ancora del "colpetto di Stato" del 2011). I rapporti tra i due, ora, sono tesissimi: Napolitano ha detto che quanto raccontato dal Loden "è fumo, solo fumo". E, anche in questo caso c'è da esserne sicuri, la stanza in cui si incontreranno sarà piena zeppa del fumo dei loro rancori. Matteo - Fuori Monti, ecco che - ultimo ma non ultimo - al Quirinale salirà il premier designato, Matteo Renzi, il corridore a cui spetta il gravoso compito di afferrare il testimone spuntato nella staffetta con Letta. Nell'assemblea del Pd di oggi, Renzi, ha lisciato il pelo di Napolitano, ringraziandolo per il lavoro svolto. Peccato però che sia stato proprio Renzi a disintegrare quel "lavoro svolto", a disintegrare il "giochino" di Napolitano. E' arrivata infatti da Matteo la spinta che ha definitivamente fatto capitolare Enrico Letta, che Re Giorgio avrebbe voluto blindare a Palazzo Chigi ad libitum. E con tutta probabilità, con la stessa spallata al governo Letta, sarà Renzi a far calare il sipario sul secondo mandato di Napolitano. Dopo quella che, nei fatti, è una sonora sconfitta (prima con la prematura fine delle larghe intese, poi con il fallimento immobile di ciò che restava dell'esecutivo), si sono moltiplicate le voci sull'imminente abdicare di Re Giorgio. Una situazione un po' paradossale, insomma, quella di Napolitano, costretto a chiudere queste pseudo-consultazioni confrontandosi con l'artefice della crisi di tutti i suoi piani. (an.t.)