Doppio ribaltone

Renzi e le maggioranze possibili: prima Alfano, poi Vendola e grillini dissidenti

Giulio Bucchi

Alla faccia dei "due forni". Rispetto a Matteo Renzi, Pierluigi Bersani perlomeno era coerente: lui tentò di mettere in piedi una (scombiccherata) maggioranza parlamentare con Sel, fuoriusciti dal M5S e Scelta civica e, contemporaneamente, una sorta di "costituente", un tavolo separato con il Pdl per le riforme, Renzi no: secondo indiscrezioni, l'idea del Rottamatore è quella di tenere tutto insieme. Diventare premier, con i voti della stessa maggioranza di cui gode Enrico Letta, cioè Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano e Scelta civica di Mario Monti. Chiudere con Silvio Berlusconi e Forza Italia sull'Italicum e, perché no, riforma del Senato. E poi, dopo le Europee di maggio, voltare pagina, cambiare alleati. Alfano però già frena: "Se il termine "eventuale" accostato al "governo Renzi sarà tolto nelle prossime ore, rifletteremo e ragioneremo, ma non diamo nulla per scontato".  Renzi peggio di D'Alema? - Insomma l'operazione-Renzi rischia di essere un "bizantinismo", un azzardo, un doppio ribaltone. Per ora sono indiscrezioni, voci di corridodio. Anche perché Renzi ufficialmente a Palazzo Chigi non c'è ancora. Però a giudicare dalla spregiudicatezza del personaggio (che ha stupito persino un suo grande estimatore come il Cavaliere) l'ipotesi è sul tappeto. Peggio di Massimo D'Alema, insomma, e alla rovescia: nel 1998 via Prodi, via Rifondazione e dentro Cossiga. Nel 2014 via Letta, poi via Alfano e dentro Nichi Vendola e dissidenti del Movimento 5 Stelle. Sicuramente, a Renzi non piace l'idea di governare con Alfano e Monti, così come naturalmente a Vendola, che ha già detto no a un governo con quelli di Ncd. Probabilmente Matteo non impazzisce nemmeno all'idea di dividere il tavolo con Sel e grillini di sinistra, ma è il prezzo da pagare per prendersi Palazzo Chigi senza sostegno del voto popolare. Obiettivo: premier fino al 2018 - D'altronde, è stato proprio Renzi a ribadire al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che lui è disposto (eufemismo) a diventare premier ma solo con una legislatura piena, vale a dire fino al 2018. Il segretario lo ha detto anche all'assemblea del Pd: "La pila è scarica: o la cambiamo o la ricarichiamo". Resta da vedere se l'energia di vendoliani e grillini sarà sufficiente a tenere in piedi un governo di sinistra-sinistra anche al Senato, dove senza Alfano (e Monti) i numeri sarebbero risicatissimi, al limite della guerra di trincea su ogni singolo provvedimento. Altro che Jobs Act o riforme istituzionali. Renzi questo lo sa, ma a volte le tentazioni fregano anche i più furbi.