Il progetto del maestro di gaffe

Pietro Grasso sogna il Quirinale

Andrea Tempestini

Una grande domanda aleggia su Piero Grasso: ma ci è o ci fa? A guardarlo si direbbe che non c’è e non ce la può fare. Da quando l’hanno paracadutato alla presidenza del Senato ha stampato sul volto un sorriso perenne, tipo contrazione da rigor mortis. Lo sguardo sornione testimonia la divertita sorpresa di chi ancora non si capacita di essere diventato la seconda carica dello Stato per un ghiribizzo del destino.    E infatti Grasso è ancora convinto di trovarsi in un’aula di giustizia. Due giorni fa, parlando a Palazzo Madama, ha minacciato di chiudere «l’udienza», quando invece si trattava di una seduta. Poco male, se si considera che ha pure deciso di costituire il Senato parte civile contro Berlusconi, nonostante il parere contrario dell’ufficio di presidenza.   Se gli piaceva così tanto istruire processi, poteva continuare a fare il giudice. Era perfetto per un posto a Forum:  a fianco della Palombelli, con la toga e il martelletto in mano, ci sarebbe stato benissimo.    Invece ha deciso di buttarsi in politica con una pietra al collo. Chissà, magari il suo risentimento verso il Cavaliere nasce proprio dalla mancata convocazione al tribunalino catodico di Canale 5. Però, insomma, la reazione ci sembra un pochino eccessiva. Persino Scelta civica e i Popolari erano contrari alla costituzione di parte civile, ma Grasso no, lui ha voluto andare avanti. Secondo lui si è trattato di un «ineludibile dovere morale».  Boh, magari glielo ha ordinato il suo padre confessore.    Tra l’altro, non pago di aver scambiato il Senato per un tribunale, Pierino  si è concesso il  lusso di un’altra gaffe. È entrato nel merito della vicenda che vede coinvolto anche Berlusconi e cioè il processo per la cosiddetta compravendita di parlamentari, che prende le mosse dalle dichiarazioni di Sergio De Gregorio, passato a suo tempo dall’Idv al Pdl. Durante il suo discorso Grasso ha pronunciato una frase un po’ ambigua: «Nel processo ci sono senatori... fortunatamente ex senatori...». I rappresentanti di Forza Italia in aula si sono imbufaliti all’istante: ma che fa, Piero, sfotte? Quelle parole sembravano effettivamente dirette a Berlusconi, da qualche tempo decaduto. Grasso, poi, si è affrettato a spiegare che lui si riferiva a Sergio De Gregorio, ma il sospetto resta.  Il presidente del Senato dice  che non esiste «nessun pregiudizio, nessuna persecuzione» verso il Cavaliere. Poi assicura che quella di costituirsi parte civile «è  stata una scelta super partes, una scelta discrezionale, che la funzione che ricopro mi attribuisce. Non ho subìto nessuna pressione, ho agito in piena autonomia e indipendenza». E qui torniamo alla domanda iniziale. Grasso ci è o ci fa? Nella migliore delle ipotesi, ha preso la decisione tutta da solo. Vuoi vedere che, tra un sorrisetto e l’altro, l’amico Piero si è cucinato in casa una bella macchinazione per finire al Quirinale? Con la sua bordata antiberlusconiana liscia il pelo alla sinistra vendoliana, a una buona parte del Pd e persino ai Cinque stelle. I quali, fra l’altro, avevano giocato un ruolo nella sua elezione, quando si contò una dozzina di voti in più del previsto.  Tanto che Grillo gridò al «tradimento», pretendendo la testa di chi aveva violato gli ordini di scuderia. Grasso deve essersi fatto due conti in tasca: considerata l’attuale situazione politica, è molto probabile che il prossimo presidente della Repubblica verrà eletto da questo Parlamento. Un’assemblea in cui le forze di dura opposizione al Cavaliere sono numerose. Dunque, perché non mettere le zampe avanti? Chissà come sarebbe contento il nostro sul Colle. Pensate a quante risate si farebbe durante i discorsi di Capodanno, senza nemmeno bisogno dello spumante.  Oddio, forse lo stiamo sopravvalutando, Grasso. Forse davvero sono stati altri a indirizzarlo. Magari addirittura Napolitano, come suggerisce qualcuno in Forza Italia. Anche il ruolo della marionetta gli si addice. Una cosa è certa: alla prova della storia, le idee di Piero non risultano molto chiare.  Non più tardi di due anni fa, quand’era procuratore nazionale antimafia, voleva premiare il Cavaliere per i meriti nella lotta ai boss. Adesso sente, ineludibile, l’«obbligo morale» di agire contro Silvio. Gli scappa proprio, l’obbligo morale. Trattenersi è impossibile. Il dolore è tale che il sorriso si fa sempre più tirato. Dovrebbe provare con l’Imodium: fa miracoli. di Francesco Borgonovo