E Fini boccia Pier...

Berlusconi chiede a Casini una prova d'amore al Senato

Giulio Bucchi

Il destino giudiziario e politico di Silvio Berlusconi si incrociano di nuovo. Il luogo è ancora una volta il Senato. Dopo aver deciso sulla decadenza del Cavaliere da parlamentare, adesso Palazzo Madama è tirato in ballo per la seconda volta. Non il plenum, ma il Consiglio di presidenza. Chiamato a decidere se la Camera alta debba costituirsi o meno parte civile contro l’ex premier nel processo sulla compravendita dei senatori.   Fato vuole che, a pochi giorni dal coming out di Pier Ferdinando Casini («Torno nel centrodestra»), il voto dell’Udc sia decisivo in quel consesso. Se il senatore centrista Antonio De Poli vota pro Silvio, allora il fardello della scelta finisce sulle spalle del presidente del Senato. Toccherebbe a Pietro Grasso una decisione politicamente assai simbolica. Una opzione, il costituirsi parte civile contro Silvio, che in Forza Italia considerano probabile visto come la seconda carica dello Stato ha gestito la pratica della decadenza. Per cui gli azzurri già si preparano alla battaglia. La riunione è in programma per oggi. In giornata potrebbe arrivare il verdetto. L’11 febbraio, poi, partirà a Napoli il processo contro Berlusconi e Valter Lavitola. Il primo è accusato  di aver versato, attraverso il secondo, tre milioni di euro all’ex senatore Sergio De Gregorio per far mancare i numeri al governo Prodi.       Pier, tornando alla base, sa che lo aspetta il pacchetto completo. La leadership politica del Cavaliere, ma anche i suoi guai giudiziari. D’altronde sono lontani i tempi in cui Casini invocava «l’etilometro» per Silvio o provava «tristezza» per «l’incapacità della nostra democrazia» a emanciparsi da Berlusconi. «Mai avuto problemi personali con Silvio», giura adesso l’ex presidente della Camera, «solo una diversa visione della politica». Insomma, il matrimonio s’ha da fare. E, dopo il richiamo all’ordine arrivato da Arcore («Non attaccate Pier»), le reazioni forziste ieri sono state molto più pacate.  C’è un clima nuovo, secondo Sandro Bondi, e va colto: «Le aperture di Casini, la disponibilità del Nuovo centrodestra a discutere un’alleanza con Fi, il confronto positivo con Renzi sulle riforme» dimostrano che «la leadership di Berlusconi si consolida con il consenso e con l’avvedutezza delle sue scelte politiche». Nessun «rancore» verso Casini, assicura Renato Brunetta, solo «dibattito», perché «non si deve dimenticare tutto quello che ha detto il leader dell’Udc su Berlusconi». Anche secondo Maurizio Gasparri «non servono pubbliche autocritiche o abiure, non siamo nella Russia di Stalin». Ma la parabola di Pier Ferdinando dimostra, secondo il vice presidente del Senato, «che chi pensava di lanciare una sfida vincente dei moderati prescindendo da Berlusconi si è illuso e ha sbagliato».  La retromarcia di Casini resuscita addirittura Gianfranco Fini. Il quale, pur ammettendo che «Berlusconi ha tanti pregi», condanna la scelta dell’ex sodale: «Sbaglia», perché il centrodestra del Cavaliere «non è la casa dei moderati». Lui, l’ex leader di Alleanza nazionale giura che non seguirà l’esempio: «Io non mi candido», rassicura tutti. Salvatore Dama