Decisivo il voto Udc in Consiglio di presidenza

Senato parte civile contro Berlusconi: riforme a rischio

Matteo Legnani

La trama sembra quella di un avvincente romanzo con tanti protagonisti: Silvio Berlusconi, il presidente del Senato Piero Grasso, Antonio Di Pietro, Pierferdinando Casini. In gioco ci sono le riforme, a partire da quella elettorale. Funziona così: la procura della Repubblica di Napoli, nell'istruire il processo a carico del Cavaliere e di Valter Lavitola sulla compravendita di senatori (caso De Gregorio, per intenderci), identifica nel Senato della Repubblica la parte lesa. Antonio Di Pietro, che di aule di giustizia ha una certa qual esperienza, scrive a Piero Grasso, sollecitandolo a costituirsi parte civile nel processo. E quello risponde: "La costituzione di parte civile è all'ordine del giorno del Consiglio di presidenza fissato per il 5 febbraio" (cioè domani). E qui entra in gioco Casini. Perchè facendo la conta dei membri del Consiglio di presidenza di Palazzo madama, decisivo (in un voto a maggioranza) sarebbe proprio il voto dell'unico membro Udc, il senatore Antonio De Poli. Da parte sua Berlusconi, scrive "Repubblica", ha già fatto circolare l'avvertimento: "Provate a mettermi un altro dito nell'occhio in un'aula di tribunale e rischiate di far saltare le riforme. Sarebbe una dichiarazione di guerra". Il primo a rimetterci sarebbe Matteo Renzi, ma è difficile che i cinque membri targati Pd del Consiglio di presidenza del Senato votino contro la costituzione di parte civile nel processo napoletano. Così, tutto è sulle spalle dell'Udc: se De Poli votasse contro il Cavaliere, il ritorno di Casini nel centrodestra sarebbe già finito.