Prima uscita pubblica dopo la condanna
Silvio spara su Napolitano:oggi non lo rieleggerei più
La campagna elettorale di Silvio Berlusconi parte da Cagliari. È qui che va in scena il primo comizio del Cavaliere, in sostegno del candidato alla Regione, il governatore uscente Ugo Cappellacci. Ma è anche un assaggio di quella che sarà la strategia berlusconiana in vista delle elezioni europee, in programma a maggio. Silvio parte all’attacco. Ribadisce l’urgenza delle riforme costituzionali perché «il governo», così com’è, «non ha poteri»; nega le spaccature all’interno di Forza Italia, fa gli «auguri» a Matteo Renzi, lui sì alle prese con una minoranza interna agguerrita; ma soprattutto se la prende con il Quirinale: «Oggi francamente non rieleggerei Giorgio Napolitano. La storia giudicherà quale sia stata la parte del presidente della Repubblica nel colpo di Stato del 2011», quando Silvio dovette lasciare Palazzo Chigi per far posto a Mario Monti, «e nella ingiusta condanna, con una sentenza scandalosa e lontana dal vero, del leader del centrodestra». Un’altra colpa che Silvio imputa a Napolitano riguarda l’italicum. È stato il Colle a volere che la soglia di accesso al premio di maggioranza fosse innalzata. «I piccoli partiti hanno ottenuto con l’aiuto del Capo dello Stato che si passasse dal 35% al 37%». Un’ingerenza che, dal lato renziano, viene negata. È il portavoce Lorenzo Guerini a precisare che il Colle è «solo arbitro» e «non giocatore», nella partita delle nuove regole di voto. Regole che non sono come le voleva Berlusconi, è l’ex premier a ribadirlo. L’idea del secondo turno non gli piace, il ballottaggio va assolutamente evitato: «Se si arriverà a una sfida tra Pd e Fi, immaginiamo che i grillini voteranno per il Pd. Quindi noi dobbiamo vincere con più del 37% e sono convinto che nel nostro Paese esista questa possibilità». Per farlo, però, ha bisogno di un partito unito: «Le rottamazioni in Forza Italia sono stupidaggini», giura il Cavaliere. Non si vuole disfare della vecchia guardia, assicura. Non è sua abitudine, oltretutto: «Se c’è qualcuno che in cinquant’anni di carriera come imprenditore e uomo delle istituzioni ha avuto il rispetto e la vicinanza di amici e collaboratori, questo signore si chiama come me», è il suo vanto. Toti? «Ho chiesto a un mio amico che lavorava da oltre vent’anni in Mediaset di venirmi a dare una mano», E l’ex direttore del Tg4 «ha rinunciato a uno stipendio altissimo», pur di collaborare direttamente con Berlusconi. Ma la vecchia guardia forzista non deve avere paura, c’è spazio per tutti. Per stemperare la tensione, Silvio la butta in gag: «Ve lo presento», fa alla platea, «si chiama Giovanni Toti, è venuto qui in Sardagna con me per amore mio, ma voglio precisare che non siamo due gay...». Risate. L’ex premier torna a concentrarsi sulla Sardegna. Avrebbe voluto fare di più per l’isola quando sedeva a Palazzo Chigi. Non ci è riuscito. «La Costituzione è stata concepita in modo che non ci fossero le condizione per dare vita a un nuovo regime», ma così facendo «i padri costituenti non hanno dato poteri al governo. Nei nove anni da presidente del Consiglio non ho potuto fare quelle profonde riforme necessarie per stare al passo con il resto dell’Europa», cambiare «la burocrazia», «il mercato del lavoro», «il fisco» e, soprattutto, «la giustizia». Da premier, lamenta Berlusconi, ha avuto contro la Corte Costituzionale, che «è diventata un organo politico di sinistra», e il Quirinale: «Mi sono successe cose spiacevoli con il Capo dello Stato e ho avuto la sfortuna di avere a che fare con tre Presidenti della Repubblica tutti di sinistra». Berlusconi torna a ricordare la sua vicenda giudiziaria. Lamenta di essere stato «vittima» di «una persecuzione senza precedenti» culminata nelle ultime condanne subite che l’hanno estromesso dalla vita parlamentare. Ma adesso il patto con il leader democratico ha rimesso in pista il Cavaliere. Ed è a Renzi che Silvio fa gli auguri: «Sulla legge elettorale spero che abbia una maggioranza interna al suo partito che possa consentirgli di proseguire nel lavoro fatto insieme». Le riforme sono troppo importanti: «Bisogna cambiare la Costituzione per permettere che, come negli altri paesi Europei, un solo partito conquisti la maggioranza». di Salvatore Dama