La bordata del sindaco
Renzi: "Con Letta e Alfano non ho niente in comune"
Il cannoneggiamento di Matteo Renzi contro il governo Letta si arricchisce di un nuovo capitolo, l'intervista concessa a La Stampa. Il sindaco premette: "Io sono totalmente diverso da Letta e Alfano, per tanti motivi". Quindi, per l'ennesima volta, avvisa il premier: "Bisogna tener fede a quanto detto. Se Letta fa, va avanti. Certo, se si fanno marchette e si passa dalle larghe intese all'assalto alla diligenza, non va bene". Lo sfogo del fedelissimo - Il segretario democratico torna poi sullo sfogo di Davide Faraone di poche ore fa. Il fedelissimo del sindaco aveva detto che "il rimpasto non basta". Insomma, Faraone vuole mandare a casa l'esecutivo. Per Renzi si è trattato di "uno sfogo di pancia". Il tatticissimo Renzi, da un lato, lascia che i suoi colpiscano (durissimo) il governo, per poi (fingere) di fare il pompiere. La tattica per logorare le larghe intese sta entrando a regime. "Io sono diverso..." - Ma Renzi, in certe occasioni, non nasconde la mano. E non lo fa quando scaccia il paragone con premier e vicepremier. "Le cose bisogna raccontarle per come stanno. Lui, Enrico (Letta, ndr) è stato portato al governo anni fa da D'Alema, che io ho combattuto e combatto in modo trasparente; e Angelino Alfano al governo ce l'ha messo Berlusconi, quando io non ero ancora nemmeno sindaco di Firenze. Io sono totalmente diverso, per tanti motivi - continua -, in primis perché ho ricevuto un mandato popolare". Matteo, insomma, rivendica il fatto di essere eletto, mentre accusa premier e vice poiché nominati. "Rimpasto?..." Nel colloquio con La Stampa, il sindaco di Firenze spiega che per l'anno nuovo l'idea è continuare a sostenere il governo a condizione che faccia quanto promesso, per poi rivendicare la paternità di molti dei punti all'ordine del giorno di Palazzo Chigi. Poi continua a cannoneggiare: "Potevano risparmiarsi e risparmiarci tante cose. E la faccenda della nomina da parte di Alfano di diciassette nuovi prefetti è soltanto la ciliegina sulla torta". Quando si parla di rimpasto, Renzi finge di non volerne sapere nulla: "Quella parola, intendo rimpasto, non l'ho mai pronunciata e mai la pronuncerò". Toto-nomi - Peccato però che la questione sia all'ordine del giorno (sì, quella del rimpasto). Repubblica fa già nomi e cognomi. Graziano del Rio, renziano di ferro e attuale ministro agli Affari regionali, è destinato a trasferirsi in un dicastero di peso. Quindi Irene Tinagli e BEnedetto della Vedova, due montiani che potrebbero entrare nell'esecutivo, proprio come il segretario del Psi, Riccardo Nencini (per lui all'orizzonte c'è un posto da viceministro). Tra i titolari di un dicastero sulla graticola, invece, il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, scettico sul Job Act di Renzi; poi Massimo Bray, il titolare della Cultura "troppo dalemiano" e, infine, Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo Economico della vecchia guardia bersaniana.