Dopo la pioggia di critiche

Salva-Roma, retromarcia del governo sul decreto

Andrea Tempestini

Stop alle marchette di governo. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, ha fatto sapere nel pomeriggio di martedì 24 dicembre ai presidenti di Camera e Senato che il governo intende rinunciare alla conversione del cosiddetto decreto "salva Roma", in scadenza il 30 dicembre. Così il decreto milleproroghe che verrà approvato dal Consiglio dei ministri del 27 dicembre, viene precisato in una nota di Palazzo Chigi, inciderà sulle "sole situazioni indifferibili, a cominciare dalle norme sulla base delle quali il Comune di Roma ha approvato il proprio bilancio". Sempre nel milleproroghe, conclude la nota, "sarà contenuta la correzione annunciata in Parlamento, alla norma relativa agli affitti di immobili da parte della pubblica amministrazione".   Cosa conteneva il "mille-marchette" Leggi l'approfondimento   Lo zampino del Colle - Fuori dal comunicato ufficiale, fonti del governo chiariscono che la marcia indietro sul salva-Roma è maturata dopo un consulto tra il premier Letta e Giorgio Napolitano. Il Capo dello Stato comanda, il presidente del Consiglio esegue (per fortuna, in questo caso). Nel corso del colloquio tra i due, Re Giorgio ha espresso forti perplessità sul testo e sui troppi emendamenti che in Parlamento avevano mutato il dl che aveva originariamente firmato. Nei giorni scorsi, il decreto era stato al centro di un durissimo scontro parlamentare, al termine del quale l'esecutivo aveva posto la fiducia. In particolare, il testo era finito nel mirino di Lega Nord e Movimento 5 Stelle che minacciavano ostruzionismo (il passaggio più contestato era quello che impediva alle "amministrazioni dello Stato, le Regioni e gli enti locali, nonché gli organi costituzionali" di disdire contratti di affitto anche se troppo onerosi per i bilanci). Anche Forza Italia aveva contestato il salva-Roma, una sorta di calderone zeppo di provvedimento e "marchette" di ogni tipo.