Mes, Giuseppe Conte ko in Europa: "Il fondo salva-Stati non sarà cambiato"
Partita chiusa. Anche se l' ultima volta che ne aveva parlato, a metà dicembre, Luigi Di Maio aveva assicurato che era apertissima: «Sapete chi dovrà firmare il Mes? Il ministro degli Esteri, che sono io, e io vi posso assicurare che non è stata votata nessuna autorizzazione né a firmare il Mes né a chiudere un accordo sul Mes, altrimenti mi sarei rifiutato». Idem Giuseppe Conte: prima di Natale aveva garantito che il testo della riforma del fondo salva-Stati sarebbe stato migliorato, «a conferma che io non ho sottoscritto nulla». Ciao core, dicono a Roma. I contenuti quelli erano e quelli restano. Incluso l' obbligo, per gli Stati che necessitano dell' aiuto del fondo, di ristrutturare preventivamente il debito pubblico. Una clausola che minaccia di impoverire milioni di risparmiatori italiani a vantaggio della grande speculazione. Leggi anche: Giuseppe Conte, tutte le volte in cui si è smentito Tutto ciò che aveva ottenuto il governo giallorosso, e solo perché la cosa tornava utile pure ai francesi, era uno slittamento: la condanna è stata rinviata di pochi mesi, il tempo necessario a calmare un po' le acque. Il segreto di Pulcinella è stato svelato ieri, quando un alto funzionario di Bruxelles ha annunciato che il testo della riforma del meccanismo europeo di stabilità «è chiuso», perché ormai l' accordo «è quello che è». Resta qualche aspetto «molto tecnico» da mettere a punto, su richiesta di Parigi, e poi si andrà alla firma definitiva, prevista «ad aprile». «NON TOCCHIAMO PALLA» Una versione che dal ministero dell' Economia, retto dal pd Roberto Gualtieri, nella sostanza confermano: «La prossima discussione tra i ministri sull' argomento è in programma nella riunione di marzo. La firma del trattato non è stata calendarizzata». Stessa reazione di Conte: «Non c' è nulla di nuovo. Nessuna novità». Ma nemmeno lui può smentire che la firma definitiva sarà apposta in aprile. Facile l' affondo dell' esponente forzista Renato Brunetta: «Il governo non sta toccando palla e ora non potrà chiedere un' altra proroga, che il consiglio non avrebbe motivo di concedere»; così l' Italia finirà «assoggettata alla posizione di Germania e Francia, che avranno carta bianca sulle regole che governeranno le ristrutturazioni dei debiti pubblici, quello italiano in primis». Gli esponenti dell' opposizione non sono gli unici preoccupati. Di fatto, il fondo sarà una sorta di prestatore di ultima istanza. Il problema, per l' Italia, è che la riforma prevede, in cambio di questo "soccorso", la ristrutturazione del debito pubblico, cioè - nel nostro caso - una riduzione dei valori dei titoli del Tesoro, inclusi i Bot e i Btp posseduti dalle famiglie. Come ha spiegato in Parlamento un economista insospettabile quale Giampaolo Galli, ex deputato del Pd, «sarebbe un colpo di pistola a sangue freddo alla tempia dei risparmiatori, una sorta di bail-in applicato a milioni di persone che hanno dato fiducia allo Stato comprando titoli del debito pubblico». «PISTOLA ALLA TEMPIA» Un altro economista non certo ostile all' integrazione europea, come Marcello Messori, sull' ultimo numero della Rivista di politica economica edita da Confindustria scrive che la soluzione prospettata dalla riforma del fondo salva-Stati «è una delle peggiori possibili per Paesi ad alto debito pubblico come l' Italia». La ristrutturazione preventiva del debito, infatti, «acquista la forma, pur se limitata a "casi eccezionali", di una ristrutturazione quasi-automatica dei debiti sovrani nell' Eurozona; e tale ristrutturazione quasi-automatica innesca spirali speculative, incertezza circa il futuro e instabilità». In parole povere, così fatto il Mes è un fondo ammazza-Stati: la sua sola entrata in funzione induce gli speculatori a scommettere contro l' Italia, ovvero sulla ristrutturazione del nostro debito pubblico e quindi sulla distruzione del patrimonio delle famiglie. Nonostante questi autorevoli segnali d' allarme, e malgrado i Cinque Stelle avessero promesso di opporsi, il governo Conte non mostra alcuna volontà di cambiare le cose e si avvia a capo chino verso l' esito peggiore. di Fausto Carioti