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Pietro Senaldi sulla nuova Lega di Matteo Salvini: "Perché si giocherà tutto sull'economia"

Davide Locano

«Abbiamo il 30%, non possiamo ragionare come se avessimo ancora il 4%». Con queste parole, pronunciate poco dopo l' ora di pranzo, Matteo Salvini ieri ha dato vita a quello che di fatto è il primo grande partito conservatore italiano. Qualcosa di simile ai Tory inglesi, ai repubblicani americani e ai gollisti francesi, prima che Sarkozy li ammazzasse. La Lega per Salvini premier è stata benedetta, sul palco, dall' uomo che diede inizio a tutto, oltre trent' anni fa, Umberto Bossi, la cui presenza garantisce continuità narrativa e politica. Il fondatore ha definito il nuovo segretario «un combattente» e ha spiegato che quello dell' ex ministro dell' Interno, che cambia lo statuto e mette in un angolo la Lega Nord, non è un blitz, «perché nessuno ci può imporre un cazzo, siamo noi che concediamo», bensì un' operazione condivisa. Il Senatur lo dice alla sua maniera, brusca e orgogliosa, ma non polemica, anche se la sua frase sarà reinterpretata in chiave divisiva dai trombettieri del governo. Leggi anche: "Odio politico contro Sallusti, non andava processato": Senaldi scende in campo In realtà la Lega salviniana, nel quadro frastagliato della politica italiana, è il solo partito immune da liti, divisioni, correnti, trame oscure, eccezion fatta per Fratelli d' Italia, che però ha dalla sua la forza e la purezza dello stato nascente. Il cambio di statuto non è una mera operazione cartacea, e neppure uno stratagemma per fare della Lega Nord e dei suoi debiti con la Procura di Genova una bad company, ma è una cosa seria, un passaggio obbligato. Il congresso di ieri ha sancito la trasformazione definitiva da forza macroregionale a partito nazionale e sovranista, con l' orgoglio delle radici ma proiettato verso nuovi orizzonti perché, come ha chiarito il segretario dal palco, «chi guarda indietro è morto». PADANIZZARE L'ITALIA Resta nello statuto il nome Padania, ma non è un cedimento nostalgico, bensì una promessa al Centro e al Mezzogiorno, che guardano con ammirazione e invidia al Nord amministrato dalla Lega. L' obiettivo dichiarato è padanizzare tutta l' Italia, nel senso di portare anche le Regioni meridionali agli standard settentrionali. Era del resto il progetto originario di Bossi, che nei secondi anni '90 passò dalla denuncia di Roma ladrona alla sfida all' Europa dei banchieri e dei massoni. Allora era prematuro, c' era ancora la lira, e sembravano parole deliranti, oggi si sono rivelate profetiche. Così nacquero i rapporti con Haider, con i cristiano democratici bavaresi e con tutte le forze indipendentiste, che poi Salvini ha esteso a Orbàn, alla Le Pen e ai Paesi di Visegrad. La continuità e coerenza di pensiero nonché i risultati elettorali, hanno garantito a Salvini una leadership monolitica, capace anche di integrare o sostituire la dirigenza bossiana senza troppi traumi. La mancanza di dissidi interni, ottenuta senza le celebri espulsioni dell' Umberto, è indice di capacità d' ascolto più che di dispotismo ed è l' indizio più forte che la Lega Blu di Matteo possa riuscire laddove la Lega Verde del Senatur e di Maroni ha fallito, ovverossia nel diventare quel partito nazionalista ma anche conservatore, liberale e cristiano che né Forza Italia né tantomeno An riuscirono mai a essere, malgrado le ambizioni dei loro leader. Berlusconi non ce la fece perché gli azzurri erano troppo eterogenei e contraddittori, di diversa e non sempre disinteressata provenienza. Finì perché non era all' altezza dei suoi piani. «Siamo l' ultima speranza della cristianità occidentale» è il manifesto politico con il quale Salvini ha lanciato, senza falsa modestia, la sua sfida. IL NODO SPESA PUBBLICA Come il segretario, che festeggia in questi giorni i sei anni dalla sua nomina, sia riuscito a portare un partito morente, rimasto con le scope in mano e poco altro, a percentuali che il Cavaliere non toccò mai resta in parte un mistero. Spirito dei tempi, vento di destra che soffia nel mondo, capacità di intercettare non gli umori ma le aspirazioni di vita dell' elettorato. Immigrazione e sicurezza sono i cavalli di battaglia che hanno tirato la corsa. Il taglio delle tasse è l' orizzonte sperato, perché è sull' economia che la nuova Lega si gioca il futuro. Il governo giallorosso, quello delle quattro sinistre, una più a sinistra dell' altra, gli sta dando una grossa mano, riportando alla Lega la fiducia del mondo delle imprese e del lavoro, che in parte si era sfarinata. Il capitolo che Salvini deve scrivere, per essere credibile anche su questo fronte, è quello del taglio della spesa pubblica, centrale per il rilancio del Paese e finora accantonato, quando non contraddetto, come con quota 100. È una sfida ancora più decisiva di quella dei rapporti con l' Europa, perché va contro una parte di elettorato e non può essere oggetto di mediazioni. di Pietro Senaldi