Un patrimonio rosso
Bruno Vespa e Open, la seconda lettura: "Il mitico Sposetti", perché i guai di Renzi partono dall'ex Pci
"In una democrazia la politica va finanziata". Bruno Vespa, nel suo tradizionale editoriale del sabato sul Quotidiano nazionale, commenta le vicende giudiziarie della Fondazione Open di Matteo Renzi e ne approfitta per lanciare un messaggio generale, più alto delle beghe giudiziarie di questo o quel leader: occorre reintrodurre il finanziamento pubblico ai partiti. "So di rischiare la lapidazione - ironizza -, l'ultima volta che si è votato in un referendum per l'abolizione i favorevoli furono 31 milioni di persone, pari al 90,3% dei votanti. Era il 1993 e la gente era giustamente furiosa per lo scandalo di Mani Pulite". Oggi come allora, i sospetti di corruzione e soldi sporchi aleggiano su politica e partiti, nonostante sulla carta le regole siano molto più stringenti e la trasparenza ("Finanziamenti privati con un massimo di 100mila euro, ma detraibili per un quarto fino a un massimo di 30mila", ricorda Vespa), e forse per questo "i movimenti politici hanno cercato di rimediare con le fondazioni". Leggi anche: Open, nel mirino dei pm ora c'è il Giglio Magico di Renzi. Bonifazi, bonifico sospetto Qui entra in ballo "il mitico Ugo Sposetti", funambolico ex tesoriere che gestiva l'enorme patrimonio immobiliare dell'ex Pci "dirottato su 62 fondazioni". Sposetti, ricorda Vespa, "si è guardato bene dal cedere il suo tesoro al Pd, sicché è sfuggito alla tagliola della legge Spazzacorrotti del 2018 che ha equiparato le fondazioni politiche ai partiti, costringendo alla chiusura la Fondazione Open". Alla luce di quanto sta emergendo oggi, forse, i guai di Renzi e la sua necessità di rastrellare fondi e finanziamenti partono proprio da quel no di Sposetti.