Spaccature
Facci: il sequel no
Scriverlo non è serio, e l’ammissione, forse, non è neppure così interessante: sta di fatto che nell’ultima settimana io non ho letto neppure un articolo sulle divisioni del Pdl e relativa scissione, neanche uno, mai, neanche su questo giornale, e non ho neanche guardato un tg che ne parlasse, neanche uno, mai, e questo perché me ne fregava meno di zero. Non me ne vanto. Non me ne vergogno. E’ come per quei film che guardi quasi per intero ma poi non ce la fai, negli ultimi due o tre minuti cominci ad alzarti, riassetti il divano, ti volgi all’indomani: anche se lo schermo, intanto, rimanda un finale costruito con pazienza lungo tutto il film, un epilogo che dovrebbe inchiodarti ma che pare così scontato da lasciarti in imbarazzo, intriso della sgradevole sensazione d’essere rimasto intrappolato in un plot narrativo senza sorprese: e infatti. Dovevano scindersi - da una vita - e si sono scissi. Il titolo era: la scissione. Dopodiché i nomi, i volti, le figurine, «gli alfaniani», che cosa ha detto Quagliariello, il futuro di Schifani, Cicchitto, Formigoni, gli scambi tra Bondi e Lupi: vabbeh. La mia indifferenza, ripeto, non avrebbe la minima importanza se non avessi la sensazione che possa appartenere a una base statistica rilevante, forse predominante, non meno banale di tutto il film e di ciò che resta: la noia. Sconfinata. Immensa. Ora si spostino e ci lascino vedere il film, ma un altro. Questo-è-finito. di Filippo Facci @FilippoFacci1