La radiografia del Nuovo Centrodestra

Nuovo Centrodestra, i big che stanno con Alfano: chi sono e cosa vogliono

Andrea Tempestini

Lo strappo è servito. Lo psicodramma del Pdl si conclude, forse, nel peggiore dei modi possibili: la scissione. Forza Italia da un lato, Nuovo Centrodestra dall'altro. Silvio Berlusconi ha provato fino all'ultimo a preservare l'unità del partito, ma la missione è fallita. Le posizioni del Cavaliere e di Angelino Alfano, a partire da quelle sul governo e fino ad arrivare agli organigrammi del nuovo partito, erano inconciliabili. I rancori tra falchi e colombe hanno fatto il resto. Addio, dunque. O forse arrivederci, poiché Berlusconi ha invitato chi è restato con lui a non puntare il dito contro gli "strappisti", che alle prossime elezioni saranno alleati naturali di Forza Italia, "proprio come Fratelli d'Italia e la Lega Nord". Con Alfano se ne vanno diversi big del Pdl, che ora, nome per nome - e a partire dal leader - passiamo in rassegna: chi sono, cosa vogliono e che cosa faranno. Angelino Alfano - Non si può non partire dall'ex segretario del Pdl, nonchè ex delfino del Cavaliere, attuale ministro dell'Interno e vicepremier. Anche Angelino ha provato a non rompere con Silvio, ma per i motivi già spiegati l'epilogo di questa mediazione è stato amaro. "Non avrei mai pensato di non aderire a Forza Italia - ha spiegato venerdì -, ma sono prevalse le forze esterne". Alfano, dunque, accusa i falchi per la rottura, Santanchè e Verdini in primis. Lui il leader naturale della nuova creatura, a lui i compiti più difficili: strategie e alleanze su tutti. Dovrà dimostrare di essere in grado di reggere la sfida. E dovrà anche guardarsi le spalle da chi lo vorrà subito detronizzare. La politica è una brutta bestia... Maurizio Lupi - Ciellino, ministro delle Infrastrutture, grande mediatore, al pari di Alfano ha lavorato per l'unità, cercando di frenare chi - come Formigoni - voleva creare nuovi gruppi al più presto. Emblematico un tweet consegnato al web poco prima dell'ufficializzazione della rottura: "Le abbiamo provate tutte per stare uniti. Ma non si può gettare nel caos il Paese". Governista, nella nuova squadra di Alfano avrà un ruolo di primissimo piano. Gaetano Quagliariello - Incarnazione del "colombismo", malvisto dai falchi per la sua presunta doppiezza, il ministroper le Riforme Istituzionali è stato uno dei più attivi per arrivare allo strappo (ricordiamoci il foglio "consegnato" agli obiettivi dei fotografi nel giorno della fiducia a Letta, sul quale raccoglieva le firme di chi era contrario alla spallata). Nonostante l'attivismo, l'ex radicale, cattolico, giura di aver provato fino all'ultimo ad evitare lo strappo: "Ringrazio Dio di avermi dato la forza di essere l'ultimo a trattare con Berlusconi - ha detto -. Se poi altri hanno vanificato il mio impegno non ho nulla da rimproverarmi". Venerdì, a Palazzo Grazioli, Quagliariello sembrava avesse convinto il Cav a sottoscrivere un documento che prevedeva di tenere separate sorti del partito da quelle del governo. Ma non è andata così. Nunzia De Girolamo - Vittima di un travaglio interiore, il ministro dell'Agricoltura, grata e devota a Berlusconi, forse spinta dal suo ruolo nel governo, alla fine ha deviato lungo la strada battuta da Alfano. Nunzia, incarnazione delle larghe intese (il marito è il democratico Francesco Boccia), ha provato fino all'ultimo a sostenere tutte le buone ragioni per le quali la spaccatura era da evitare. Missione fallita. Ora spiega: "Ho difeso e difenderò Berlusconi fino in fondo, ma il Paese va governato e staremo al governo finché fa delle cose". Beatrice Lorenzin - Il ministro della Sanità, pur contraria alla rottura, si è tenuta piuttosto defilata nelle schermaglie delle ultime settimane. Aveva però chiesto, per entrare in Forza Italia, regole di democrazia interna che permettessero una leale convivenza "tra anime diverse ma non incompatibili". Colombissima, di fronte allo spettro di un partito a trazione-Santanchè, senza pensarci, si è tenuta lo scranno ministeriale e la leadership di Alfano. Roberto Formigoni - Il falco delle colombe, attivissimo, fin dal voto di fiducia, in vista della spaccatura, da lui reputata inevitabile. Da sempre in aspro contrasto con le anime più radicali del Pdl - leggasi, tra le varie, Mussolini e Santanchè - il ciellino ed ex governatore lombardo ha lavorato sodo contro i falchi. Per lui il nuovo partito con Alfano leader è "evoluzione naturale". Ora vuole le primarie: "Il candidato premier si sceglierà con le primarie". Nome pesantissimo e influentissimo, il senatore Formigoni, con le primarie, forse mira a prendersi la leadership degli strappisti. Renato Schifani - Ormai ex capogruppo del Pdl al Senato, da molti attenti osservatori viene indicato come il vero cervello dietro l'operazione che ha portato alla scissione. E' solo una coincidenza, ma tutto iniziò con il suo rifiuto a leggere in Senato le motivazioni con il quale il Pdl annunciava la sfiducia a Letta il 2 ottobre (scelta poi sconfessata da Berlusconi in persona, che parlò al suo posto in aula). Pur da sempre fedele al Cav, di natura moderato, ha reputato che la situazione nel Pdl/Forza Italia, per lui e quelli come lui, fosse insostenibile. Meglio andarsene e sostenere l'area filo-governativa. Fabrizio Cicchitto - Al pari di Schifani, è uno dei grandi manovratori che hanno portato alla scissione. Alfaniano convinto, l'ex socialista non ha mai mostrato la minima fiducia nella possibilità di trovare un'intesa con i falchi. In concomitanza con la rottura di venerdì, già spiegava: "Servono nuovi gruppi per creare, in prospettiva, un nuovo soggetto politico". Per Cicchitto, la nuova Forza Italia è una vecchia ricetta: "Tra oggi e il '94 tutto è diverso". Oggi, infatti, il suo leader è Alfano. Molto influente, Cicchitto sarà tra i primissimi protagonisti della nuova avventura. Carlo Giovanardi - Il vulcanico ex democristiano, molto cattolico e altrettanto discusso, con la sua consueta spigliatezza, sin dal principio, si è schierato senza indugi con Alfano, lavorando i falchi ai fianchi. Lui avrebbe voluto rompere già un mese e mezzo fa, nei giorni della fiducia. La scissione non avvenne, ma non ha mai mostrato il minimo dubbio sulla possibilità che, prima o poi, sarebbe arrivata. Aveva ragione.