Matteo Renzi esce dal Pd, l'irritazione e i sospetti di Giuseppe Conte che incontra Sergio Mattarella
Perplessi, stupiti, sorpresi. Ma anche irritati e infastiditi. Qualcuno pure arrabbiato, per non dire di peggio. Le reazioni all' uscita di Matteo Renzi dal Pd, annunciata a mezzo stampa e spiegata con la solita apparizione televisiva, sono un vero e proprio arcobaleno di emozioni, declinate con pragmatismo, come nel caso del premier, Giuseppe Conte, o con stizza e acredine, come ha fatto Dario Franceschini, che usa toni durissimi. Segno tangibile del fatto che Matteo Renzi è tornato al centro della scena. Fattore che in molti, forse distratti dal gioco delle poltrone, non hanno voluto vedere. Ho saputo interpretare. E ora l' agone politico si fa più complesso e articolato, tanto che le coordinate dovranno essere ridisegnate in fretta. Non a caso Nicola Zingaretti, pur sottolineando che si tratta di «un errore», si affretta a sottolineare la necessità di pensare «al futuro. Andiamo avanti», sostiene il numero uno del Nazareno. «I percorsi e le sfide politiche personali vanno rispettate. Ma, in nome di tali scelte, le tante persone che danno anima e l' anima al Pd non meritano di essere trattate come un relitto novecentesco», afferma il sottosegretario all' Editoria, Andrea Martella, «Renzi esce dalla storia di una grande comunità, il Pd prosegue verso il futuro». Leggi anche: Matteo Renzi, quanti soldi ci rimette il Pd per la scissione Netto anche il giudizio di Paolo Gentiloni: «Teniamoci stretto il Pd». Nella maggioranza dem, poi, non è nemmeno piaciuta l' intervista di Goffredo Bettini che vedeva anche dei lati positivi nella scissione di Renzi. Perplessità sulla strategia del fiorentino anche da parte del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che non entra nelle dinamiche interne ai partiti ma ritiene «singolare la scelta dei tempi di questa operazione, annunciata subito dopo il completamento della squadra di governo». Il premier non vuole che si ripropongano le trattative estenuanti su ogni provvedimento e intravvede il rischio di complicazioni, a partire dalla legge di bilancio, con Renzi che ovviamente vuole essere in prima persona un interlocutore dell' esecutivo. Ieri, fra l' altro, Conte è salito al Colle per un incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L' incontro, si è appreso da fonti quirinalizie, era «di routine» e programmato da tempo, ma è ovvio che dopo l' uscita renziana il premier non è più così tranquillo sulla tenuta del neonato esecutivo. Renzi punta a presidiare l' area di centro con Pierferdinando Casini, considerato il suo «ispiratore», anche se l' ex Dc nega ogni addebito. Infine hanno deciso di restare nel Pd due amministratori importanti come Giorgio Gori (sindaco di Bergamo) e Dario Nardella (primo cittadino di Firenze), considerati renziani. E si schiera contro la scissione anche Matteo Ricci, sindaco di Pesaro: «Un errore enorme». di Enrico Paoli