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Luigi Di Maio ha chiesto all'Inapp di valutare il reddito di inclusione: pronti i moduli per la rinuncia

Caterina Spinelli

Da aprile scorso il reddito di cittadinanza, entrato nei conti correnti di poco meno di un milione di italiani, è solo un fiasco. Ad accorgersi dei difetti del provvedimento è stato lo stesso Luigi Di Maio. E così, nelle vesti di ministro del Lavoro, ha investito l'Inapp (Istituto nazionale per l analisi delle politiche pubbliche) del compito di valutare il reddito di inclusione. A fine luglio - scrive Il Giornale - verranno individuati 4 professionisti, accademici e non, che andranno a costituire un comitato scientifico che dovrà valutare l'impatto del Rei, validare le metodologie di rilevazione delle informazioni tramite un campione di beneficiari, calcolare le stime degli effetti prodotti e, non ultimo, stilare una valutazione complessiva. Per questa però avranno tempo addirittura fino a novembre 2020. Il dubbio che sorge è molto semplice: con tutto quel tempo perché l'Inapp dovrebbe affidare l'analisi a specialisti esterni?  Leggi anche: Immigrati, anziani e giovani: ecco come cambierà l'Italia L'istituto infatti vanta presidente, consiglio di amministrazione, sindaci revisori, alti dirigenti a capo dei diversi settori di competenza e addirittura 44 consulenti: un costo complessivo - prosegue il quotidiano di Sallusti - di una cinquantina di milioni all'anno, ai quali vanno sommati 38 mila e 400 euro per la retribuzione del comitato scientifico. Infatti a ogni professionista ingaggiato per studiare e valutare il Rei spetteranno 9mila e 600 euro. Quello realizzato dal leader pentastellato è un meccanismo complicato che si è dimostrato facile a incepparsi e già bisognoso di correttivi. È infatti in arrivo il modulo dell'Istituto di previdenza per la rinuncia al reddito e alla pensione di cittadinanza. Insomma, il reddito di cittadinanza è l'ennesimo flop per Di Maio. Basta ricordare la battaglia persa a favore di Matteo Salvini sulla Tav.