Messo alla porta
Luigi Di Maio, la spallata definitiva di Gianluigi Paragone: "Ci serve un leader a tempo pieno"
Altro che "stupidaggini totali", come ha detto Alessandro Di Battista, quelle sulle dimissioni di Luigi Di Maio dopo il tracollo del M5s alle elezioni Europee. A pretendere la testa del vicepremier grillino ora si è aggiunto anche il senatore Gianluigi Paragone, uomo di punta del Movimento e voce molto ascoltata ai piani alti pentastellati. Leggi anche: Di Maio nel mirino, la rivolta nel M5s: "Troppi incompetenti", il leader scricchiola In attesa dell'assemblea dei parlamenti grillini prevista per domani, già slittata dallo scorso lunedì, Paragone mette in chiaro al Fatto quotidiano quanto il destino di Di Maio come capo politico sia ormai segnato: "L'assemblea è il luogo idoneo per maturare una scelta tutti insieme. Per me, la generosità di Luigi Di Maio di mettere insieme tre, quattro incarichi deve essere rivista, perché il Movimento per ripartire ha bisogno di una leadership politica h24. Dobbiamo tornare dall'io al noi". A pagare dopo il voto delle Europee c'è già stato il vicecapogrippo al Senato, Primo Di Nicola, che ha annunciato su Facebook le sue ragioni: "Una decisione che ritengo necessaria, non solo alla luce del risultato elettorale, ma anche e soprattutto delle cose che ci siamo detti in tanti incontri e assemblee. Mettere a disposizione del Movimento gli incarichi. È l'unico modo che conosco per favorire una discussione autenticamente democratica su quello che siamo e dove vogliamo andare". Le bordate contro Di Maio non sono state poche e di poco conto. Già ieri la senatrice ribelle Paola Nugnes aveva sperato in un cambio al vertice M5s, lanciando il presidente della Camera, Roberto Fico, come miglior capo politico possibile. Le hanno fatto eco poi Carla Ruocco e Luigi Gallo, tutti fedelissimi di Fico. Stando però alla linea tracciata da Paragone, la figura di Fico non rientrerebbe nel profilo indicato. Sempre se non avesse intenzione di fare il capo politico del M5s, trascurando i doveri come terza carica dello Stato.