Rosso stinto
Nicola Zingaretti, usato sicuro per il Pd: non solo Luigi Zanda, torna anche Paolo Gentiloni
Anche nel secondo giorno da segretario, Nicola Zingaretti si tiene lontano dal Nazereno. Va ad Anagni, alla Saxa Gres, una fabbrica che rischiava di perdere più di 300 posti di lavoro e, grazie a una riconversione industriale in chiave green, si è rimessa in piedi. «Questa è l' Italia che ci piace», ha detto il neo-segretario visitando la fabbrica. E nei prossimi giorni farà un altro blitz al Sud. Tema, la scuola. «Sarò un segretario di strada», ha detto ancora. Zingaretti ha ben chiaro che per mantenere il consenso ricevuto deve tenersi il più possibile lontano dal chiacchiericcio della politica romana, dalle liti interne del Pd. E però è il partito, con le sue beghe di posti e poltrone, a inseguirlo. Lo chiede lo statuto e se lo aspetta chi lo ha sostenuto: mettere mano all' organigramma, rinnovare i vertici del Pd. Zingaretti vuole procedere senza strappi. Ma alcuni cambi sono inevitabili. Per ora quelli decisi riguardano il tesoriere, che dovrebbe essere Luigi Zanda, e il presidente, ruolo che sarà ricoperto da Paolo Gentiloni. Intanto anche Romano Prodi si riavvicina al Pd. Ritorni di chi se ne era andato. Poi c' è da fare segreteria e direzione. Per il vice di Zingaretti il nome che circola è quello di Paola De Micheli, deputata e già coordinatrice del comitato per le primarie del governatore del Lazio. Ma se ne parlerà non prima del 17, quando sarà convocata l' assemblea nazionale. Leggi anche: Il neo-segretario Zingaretti cancella Renzi con una frase NIENTE STRAPPI La linea del nuovo segretario sembra essere quella di procedere a un cambiamento ma senza strappi. Tanto è vero che non ha in programma di cambiare i capigruppo di Camera e Senato anche se molti, nel suo schieramento, spingono perché lo faccia. «Ogni volta che si è fatto un nuovo segretario, i capigruppo hanno rimesso il loro mandato e si è fatta una nuova elezione. In linea di principio dovrebbe accadere la stessa cosa», dice uno dei big che ha sostenuto con Zingaretti. Anche perché rischia di essere un problema avere a capo delle delegazioni parlamentari delle persone che non condividono la linea del segretario. Il problema è che i capigruppo sono eletti dai parlamentari. E i gruppi sono ancora, ovviamente, a maggioranza renziana. «Bisogna vedere per quanto ancora...», osserva, caustico, un dirigente con esperienza. Nel senso che quando c' è un nuovo segretario, spesso succedono rapide conversioni alla nuova linea. E così non è improbabile che la maggioranza renziana diventi, nel giro di qualche mese, zingarettiana. L'anello debole è l' area Martina, che ha tenuto una linea di continuità ma anche critica nei confronti di Renzi. I suoi, che sono la maggioranza dei parlamentari, resteranno minoranza o entreranno nella maggioranza del nuovo segretario? Una domanda che fa i conti con un' altra questione: la ricandidatura. Ovvio, infatti, che chi sta in maggioranza ha più chance di essere rieletto. Resta il fatto che mantenere a capo dei gruppi parlamentari chi si è battuto contro Zingaretti qualche problema lo pone. Come si è visto, per esempio, dalla decisione di rinviare le due riunioni dei gruppi di Camera e Senato che dovevano approvare le liste dei parlamentari che andranno a fare parte dell' assemblea. Zingaretti non vorrebbe toccare nulla fino alle Europee. Da qui ad allora il suo obiettivo sarà tutto concentrato nel far risalire il Pd. La strategia si sta delineando con chiarezza: prendere voti dai delusi del M5S, da quegli elettori di sinistra, anche del Pd, che hanno "provato" i grillini e, ora, ne sono scontenti. I sondaggi sembrano dargli ragione. Ma la strada è ancora lunga. (El. Ca.)