Lo scontro
Governo, la guerra tra Di Maio e Salvini: "Perché il governo può saltare"
Può il governo sopravvivere alla lotta continua tra Cinque Stelle e Lega, che da qui al 26 maggio se le daranno di santa ragione su autonomia del Nord, legittima difesa, acqua pubblica, alta velocità e ogni altro argomento, presidenti venezuelani inclusi? Forse sì. Di certo turarsi il naso e resistere al disgusto reciproco e crescente è la cosa che più conviene a Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Se non altro perché l' alternativa - separarsi prima delle Europee - confermerebbe che hanno sbagliato tutto dall' inizio e li esporrebbe alle pernacchie dei loro elettori. Gialli e verdi, dunque, sono condannati a guerreggiare per rubarsi voti a vicenda, ma senza esagerare. Un conflitto a bassa intensità, pronto a deflagrare in qualcosa di più grosso il giorno dopo le elezioni, non prima. Leggi anche: Non è l'arena, il doppio gioco di Di Maio: come vuole affossare Salvini UN GIOCO RISCHIOSISSIMO Può funzionare finché Roberto Fico e Alessandro Di Battista non esagerano con le sparate nei confronti degli alleati (il Guevara alla vaccinara ha appena paragonato il ministro dell' Interno ad Emmanuel Macron e Roberto Saviano, che da quelle parti è l' insulto peggiore) e se non sopravvengono imprevisti clamorosi. La richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dal tribunale dei ministri di Catania nei confronti di Salvini appartiene alla seconda categoria. un gioco rischiosissimo Dopo un po' d' incertezza, ieri i grillini hanno annunciato che voteranno in favore dell' istanza presentata dai magistrati. Il loro sottosegretario al Viminale, Carlo Sibilia, la mette così: «La linea del movimento è chiara e credo che faccia bene a tutti, anche a Salvini, andare fino in fondo in questa storia». Oltre alla smania forcaiola della base, ha pesato la paura degli sberleffi della sinistra, dove già era partito il ritornello sui pentastellati che a parole fanno gli amici delle toghe, ma poi corrono a salvare il loro amico leghista quando queste lo indagano per sequestro aggravato. La decisione fa pendere la bilancia contro Salvini: nella giunta delle immunità parlamentari, chiamata a deliberare sulla questione, M5S, Pd, Liberi e uguali e l' ex grillino Gregorio De Falco, ovvero coloro che oggi appaiono favorevoli a mandare a processo il segretario del Carroccio, hanno 13 voti su 23 senatori. La domanda iniziale allora cambia e diventa: un governo che già fa acqua da tutte le parti può restare a galla se Salvini finisce a processo per colpa dei suoi alleati? Il leader leghista dice di sì: «Non ci sono crisi o problemi dietro l' angolo, io sono assolutamente tranquillo». In realtà è addirittura contento. Dal punto di vista personale non si aspettava nulla dai pentastellati e sotto l' aspetto politico sa che, qualora dovessero fare fronte con la sinistra per mandarlo a processo sull' immigrazione, gli regalerebbero il migliore spot elettorale per le Europee. Allargherebbero il distacco tra la Lega e il M5S, già oggi superiore ai 10 punti, e confermerebbero che la democrazia italiana è nelle mani dei magistrati. In realtà, se le norme costituzionali significano qualcosa e se i parlamentari sapessero ciò che votano, il governo dovrebbe sciogliersi nel momento in cui i senatori di Di Maio alzano la mano in favore della richiesta delle toghe siciliane. Il garantismo, il fumus persecutionis e la parità dei cittadini dinanzi alla legge, infatti, non hanno nulla a che vedere con questa vicenda. Il Parlamento è tenuto a votare su una cosa precisa: dovrà «negare l' autorizzazione a procedere ove reputi, con valutazione insindacabile, che l' inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico». CONTRATTO STRACCIATO In parole povere, i Cinque Stelle possono "condannare" il ministro dell' Interno a essere processato solo se ritengono che, bloccando la nave Diciotti, egli non abbia agito nell' interesse dello Stato. Il che equivale a delegittimarlo, a sconfessare tutta la sua linea politica nei confronti dell' immigrazione: l' unica conseguenza coerente, a quel punto, sarebbe chiudere l' esperienza di governo. Ma siccome non sanno ciò che fanno e ignorano le regole che disciplinano la loro attività, proveranno a votare contro Salvini restando al governo con lui, cioè a salvare la faccia con i loro elettori senza perdere poltrone e prebende. Ed è possibile che ci riescano, ma solo perché conviene più a lui che a loro. Il governo basato sul «contratto», del resto, è finito da un pezzo: gli stessi che a maggio avevano scritto e firmato quel documento ora dicono che non va più bene. Resta il governo fondato sui calcoli elettorali dei due partiti, che come tale avrà senso sino al giorno del voto, ammesso che ci arrivi. Lunedì 27 maggio o si ricomincia da capo, riscrivendo il programma e la squadra dei ministri, o si muore sul serio. di Fausto Carioti