L'ex governatore a Libero
Roberto Maroni a Pietro Senaldi: "Salvini stai attento, Di Maio può fregarti sull'Autonomia"
«Brrrr. Avverto spifferi di fregatura». Il vento del Sud? «Si stanno alzando le voci di molti governatori del Mezzogiorno e di tanti esponenti di Cinquestelle. Non vorrei che i referendum dell' ottobre 2017 venissero boicottati con un accordo al ribasso. Il Sud rema contro l' autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, i cittadini meridionali non la vogliono, perché temono di staccarsi dalla mammella, e i grillini stanno cercando in tutti i modi di assecondarli, per evidenti ragioni elettorali». E la Lega cosa deve fare? «Se M5S boicotta l' autonomia, la Lega deve rompere, perché essa, come dice Zaia, è la madre di tutte le battaglie. La svolta sovranista e nazionale impressa da Salvini ha avuto successo ma il prezzo per stare al governo non può essere rinnegare la nostra identità e la nostra storia. Non portare a termine l' autonomia equivarrebbe a tradire il Nord, e questo non si può fare. Punto, anzi, due punti e punto e virgola, per dirla con Totò». Cosa teme di più? «Il pericolo è che l' autonomia si faccia, perché è nel contratto di governo e la Lega non può prescinderne, ma venga annacquata perché i grillini altrimenti non riuscirebbero a farla digerire ai propri elettori. Per questo sento aria di fregatura». Come si può evitarla? «Basta dare attuazione all' altro contratto, quello firmato da me, Zaia e l' emiliano Bonaccini il 28 febbraio scorso con il governo Gentiloni. Il punto centrale non sono le materie per le quali viene riconosciuta l' autonomia ma le risorse finanziarie per attuarla. L' anno scorso abbiamo strappato un accordo favorevole, il governo oggi deve far approvare in Parlamento la legge sull' autonomia così com' è, senza che le Camere la stravolgano, e il modo c' è: Gentiloni si era impegnato a fare in modo che la normativa fosse trattata come gli accordi internazionali, cioè non potesse essere modificata in Aula. Se andava bene a un esecutivo del Pd, che era contrario ai referendum, non può non andare bene a uno della Lega, che li ha promossi». Bobo Maroni ha chiuso con la politica un anno fa, quando decise di non ricandidarsi alla presidenza della Regione Lombardia, rovinando le feste di Natale alla Lega e ai lombardi. È appena rientrato dalla traversata dell' Atlantico in barca a vela «dove per tre settimane ho vissuto senza telefonino e mangiato tonni pescati un' ora prima: un paradiso, nel quale però mi sono amaramente accorto che il mondo va avanti anche senza di me». Oggi non rivede la propria decisione, «perché quando io dico basta, poi non torno indietro, non sono come Renzi, non appartengo alla categoria politica dei casciabal», espressione lombarda che non ha bisogno di traduzione. Sull' autonomia tuttavia non molla, è il suo regalo d' addio al Nord, che l' ha votato per un trentennio. «In politica ho dato» spiega, «la continuerò come passione, ma senza ruoli istituzionali: non ho più gli stimoli giusti e poi oggi, nel clima di antipolitica lanciato dai grillini, non è più bello e non conviene neanche più. Collaborerò con Libero». «Però» minaccia, «se non mi fanno l' autonomia come dico io, sono pronto a fare sentire la mia voce. Ogni promessa è debito». Presidente, mi spieghi un po' com' è l' autonomia finanziaria delle Regioni senza fregature. «L' accordo del 28 febbraio prevede tre criteri di finanziamento. Il primo è il costo storico: lo Stato trasferisce alla Regione per ogni materia di competenza il 100% di quanto essa spende oggi. Se uno amministra bene, ha un vantaggio, perché risparmia e può offrire più servizi, e migliori, ai cittadini. Dopo cinque anni si aggiunge il criterio dei costi standard, per il quale il medesimo servizio deve avere lo stesso prezzo in tutte le Regioni, pari a quello della media su base nazionale. È il classico esempio della siringa, che non può costare 2 euro in Lombardia e 30 in Campania. In questo modo le Regioni virtuose si trovano più soldi da spendere - la Lombardia avrebbe un vantaggio di 8-9 miliardi - e quelle sprecone vengono costrette a fare spending review, e quindi a diventare efficienti, recuperando i soldi sprecati e meglio destinandoli. Infine c' è il criterio della compartecipazione al gettito dei tributi erariali pagati nella Regione: l' accordo prevede che una percentuale delle imposte versate per esempio dai lombardi, resti in Lombardia, così che la Regione sia spinta a investire, per aumentare il proprio gettito e il denaro che ha a disposizione: sarebbe l' innesco di un circolo virtuoso. Si tratterebbe di almeno dieci miliardi in più». Mi sa che Gentiloni l' avete fregato voi, presidente. «No, perché il tutto si sintetizza in una maggiore efficienza e in una spesa di qualità, quindi se ne avvantaggerebbe l' Italia intera. Comunque, sento aria di fregatura perché mi pare che il governo intenda adottare come unico criterio di finanziamento quello della spesa storica, ma così non migliori e le cose nel breve periodo addirittura peggiorerebbero, perché sulle Regioni graverebbero solo i maggiori oneri che ogni transizione di regime comporta». Se l' autonomia farebbe bene a tutto il Paese, perché M5S non la vuole? «Perché, oltre a portare vantaggio alle Regioni del Nord, che il Movimento ha poco a cuore, essa crea le condizioni perché il Sud diventi virtuoso, cosa negativa per un partito che si fonda sull' assistenzialismo e sul reddito di cittadinanza. E poi perché i governatori del Sud si troverebbero costretti a tagliare prebende e inefficienze e M5S non vuole essere costretto a farlo, casomai vincesse in qualche Regione meridionale». L' autonomia non rischia di entrare in contraddizione con il progetto di una Lega sovranista e nazionalista? «Sovranismo e autonomismo sono compatibili. Già nel 1983 la Costituzione spagnola ha introdotto il federalismo a geometria variabile, con modelli di regionalismo differenziato sintonici con lo Stato centrale. Quando il centrodestra vinse le elezioni nel 1994, con il primo Berlusconi, aveva una forte componente nazionalista, An, al Sud, e noi federalisti della Lega, al Nord. Io chiusi in una stanza per cinque ore Fisichella e Miglio e loro uscirono con un' intesa che mise insieme federalismo e presidenzialismo». Poi però non se ne fece nulla. «Perché cadde il governo. Oggi però è più semplice, visto che il centrodestra dopo le Europee non ci sarà più e le istanze sovraniste e autonomiste convivono in un unico partito, la Lega salviniana». La quale però è costretta ad accordarsi con i grillini. «L' alleanza di governo è oggettivamente scombiccherata. Le due forze si sono presentate alle elezioni con programmi opposti e l' una contro l' altra, ogni cosa è compromesso oggi e il ritorno di Di Battista non fa che aumentare il casino. Non accadrà nulla fino alle Europee, visto che la campagna elettorale e già iniziata. Poi». Poi? «Poi sono ottimista, la Lega supererà M5S e batterà cassa, pretendendo maggiori responsabilità di governo in materia economica. Suggerisco a Salvini di prendersi le Infrastrutture e far decollare il Nord». Quindi lei non si unisce al coro di chi vede elezioni anticipate? «Nel 2019 sono, anche tecnicamente, impossibili. In autunno non si vota, anche perché ci sono le elezioni in Emilia Romagna: fondamentali, se per la prima volta la Lega conquista la Regione rossa, magari battendo un grillino al ballottaggio, si va a votare nel 2020, in concomitanza con le elezioni in Liguria e Veneto». Con il centrodestra unito? «Nelle intenzioni di Salvini il centrodestra non esiste più, tant' è che non parla mai di destra e sinistra: lui pensa a una nuova aggregazione populista e sovranista con la Lega egemone. Se lo vorranno, Berlusconi e Meloni potranno aggregarsi, ma in posizioni laterali. Probabilmente alle Europee Matteo farà le prove generali, lanciando un nuovo simbolo, sotto il quale andare poi a cercare alleanze a Bruxelles». Ma davvero la Lega può coprire tutta l' offerta di centrodestra? «Se le alternative sono Grillo e il Pd...». Salvini non rischia di fare i conti senza l' oste: le Politiche in Italia si vincono al Sud, che è grillino? «Con questa legge elettorale, sì, ma sotto traccia stanno già lavorando per cambiarla. Basta una piccola riforma della Costituzione che introduca l' elezione diretta del presidente del Consiglio, al ballottaggio. Il giorno dopo prendi la legge elettorale per i sindaci e la applichi alle Politiche e poi vai a votare: il grande duello, Salvini contro Di Maio, che sta lavorando per far saltare il vincolo dei due mandati». Salvini non è troppo divisivo e non ha un profilo troppo forte per convincere i moderati? «Al massimo non andranno a votare, ma dubito sceglieranno Di Maio». E la sinistra? «Morta, uccisa dall' incompetenza dei propri leader, quattro scappati di casa incapaci di continuare l' eredità di Berlinguer, Nenni e Pertini. E lo dico con dispiacere, perché io arrivo da quei valori. Renzi ha fatto troppi errori: molti nemici, molto onore, ma troppi ti fregano. In politica i nemici sono nel partito, fuori ci sono solo avversari. Però i nemici li devi gestire: o li compri, o fai come Bossi e li cacci. Lui non poteva, essendo salito sul partito come su un tram, mentre Umberto il suo l' aveva fondato». Mi sembra che secondo lei Salvini non ne sta sbagliando una. «Politicamente no. È stato assistito anche dal fattore "C", come nel caso della Diciotti: i pm l' hanno indagato per gli eritrei fermi al porto di Catania e i suoi consensi sono esplosi. Oggi mi sembra che la sinistra non abbia imparato la lezione: i sindaci di sinistra che vogliono boicottare il decreto sicurezza sono i migliori alleati di Matteo ed M5S balbetta su questo. Certo, deve stare attento: chi sale in alto in fretta può anche precipitevolissimevolmente cadere». In che modo? «L' imponderabile. Una crisi economica, per esempio. Salvini ha sottovalutato finora l' economia fino a novembre. Ma siccome è svelto l' ha capito: i borbottii del mondo delle imprese gli sono arrivati, ha mediato con l' Europa e fatto molte rinunce, spostando flat tax e pensioni. La sua scommessa è tirare fino alle Europee incrociando le dita e sperando che non accadano disastri: scongiurare la procedura d' infrazione Ue è stato un suo successo. Ora l' Europa ha commissariato la banca Carige: è la prima volta che accade nella storia, se la crisi esplode, altro che Etruria». Ma i grillini durano? «A noi della Lega ci davano per morti nel 1994, dicevano che eravamo un fuoco di paglia. Non spariranno, a meno che a sinistra nasca un nuovo leader: la loro guida è debole». E lei, davvero fermo ai box? «Ma io non sono fermo. Faccio l' avvocato e l' esperto di pubblic and governement affairs. Questo esecutivo dà straordinarie possibilità: siccome è difficile dialogarci, tutti cercano me per costruire una relazione. Sono più impegnato di prima». di Pietro Senaldi