Intervista a Libero

Armando Siri, la proposta a Cinque Stelle: "Il reddito di cittadinanza alle aziende che assumono"

Cristina Agostini

Senatore Siri, da padrino della flat tax ci dica, gli elettori leghisti si devono scordare l’aliquota unica? «È un governo di coalizione tra forze che si sono presentate l’una contro l’altra alle elezioni, quindi dobbiamo mediare. L’aliquota unica resta l’obiettivo di legislatura. Per ora, scarseggiandole risorse, partiamo conlaflat tax al 15%, comprensiva di Irpef e Irap, per le partite Iva fino a 65mila euro di fatturato, nel 2020 alzeremo la soglia a 100mila euro». Lei, sottosegretario alle Infrastrutture, è soddisfatto? «Fosse dipeso da me, avrei investito tutto il deficit sull’abbassamento delle imposte, che avrebbe pompato la domanda interna e fatto ripartire consumi ed economia».  Anche a lei, come a molti elettori leghisti, non piace il reddito di cittadinanza? «Noi siamo attenti a mondo produttivo e imprese, M5S intercetta esigenze diverse, presenti soprattutto al Sud. Ma è presto per fare processi al reddito di cittadinanza; al momento è solo un numero nella manovra, 6 miliardi, non è ancora stata scritta la norma che stabilisce come sarà erogato». Ho un sospetto: tutto al Sud, o quasi? «Io invece ho un’idea. Mi piacerebbe che il 50% dei fondi stanziati per il reddito non andasse nelle tasche del beneficiario ma a un’impresa che si impegna ad assumerlo e formarlo per tre anni». E Di Maio gliela passa? «Ne discuteremo, la partita è aperta. Non credo che M5S sia contraria a un provvedimento non assistenzialista e mirato a creare lavoro».  Mini sconti fiscali, reddito di cittadinanza: una manovra né carne né pesce... «Non per niente viviamo in un’epoca di vegetariani». Intanto lo spread sale: è preoccupato? «I fondamentali economici italiani sono buoni, l’impennata dello spread ha ragioni politiche, è dovuta alla tensione permanente con l’Europa. È un po’ come misurarsi la pressione dopo una corsa o una grande arrabbiatura: è naturale che risulti alta. Bisogna tornare alla razionalità». Non è masochista continuare a litigare con la Ue? «L’Italia è l’epicentro delle istanze di cambiamento della Ue. Da Bruxelles le tentano tutte per metterci in difficoltà. Terrorizzano la gente per difendersi, ma mi lasci dire che nella storia d’Italia mai nessun risparmatore è stato fregato dai titoli di Stato. Dai mercati e dalle banche invece...». Se però il Paese fallisce... «Ma non scherziamo. Siamo la seconda manifattura d’Europa, abbiamo un Pil superiore alla Russia e un risparmio privato di cinquemila miliardi, oltre a un patrimonio immobiliare di quattromila miliardi». Mette le mani avanti per una patrimoniale? «Mai. Non è nel contratto di governo. E neppure negli interessi nostri e degli italiani». Come farete a raccattare i soldi che vi servono per la crescita allora? «Con i Cir, gli incentivi ai privati ad acquistare titoli di Stato: chili sottoscrive potrà ottenere una deduzione fiscale sull’investimento e non pagherà la cedola sui guadagni. Partiamo con un tetto di 3000 euro. Se funziona, lo alziamo». di Pietro Senaldi