Il grande capo sotto accusa

La fronda M5s: "Chi ha deciso di non andare da Napolitano?"

Michele Chicco

"Almeno su WhatsApp" ci si sarebbe dovuti confrontare, e invece niente. Alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle continuano a soffrire per il decisionismo di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio: sono stufi delle continue imposizioni, dei toni esasperati e dei sospetti lanciati un po' qui e un po' lì dalla villa genovese del comico-politico. Alcuni, mai come adesso, sono vicini a dire "basta" e per questo vogliono un confronto con i vertici del Movimento: c'è la necessità di mettere ordine lì dove c'è tanta confusione, ma è dura. Per i pentastellati va male su più fronti e da tanto tempo: a rendere il vaso colmo è stato l'affaire immigrazione; a farlo traboccare il secco rifiuto mostrato con superbia al Presidente della Repubblica. "Gli altri partiti d'opposizione sono andati al Quirinale, perché noi no?" si chiedono alcuni parlamentari, ma la domanda cade nel vuoto e questo dispiace parecchio nelle stanze del gruppo.  Napolitano - Grillo e Casaleggio hanno spiegato dicendo che l'invito presidenziale era "tardivo", ma ad alcuni parlamentari questa è sembrata davvero una piccola giustificazione. Già ieri, venerdì 25 ottobre, Lorenzo Battista, onorevole 5 Stelle, aveva detto che da Re Giorgio sarebbero anche potuti andare: "E' sbagliato rifiutare il confronto a prescindere - ha scritto su Facebook -. Avrei detto direttamente a lui cosa non condividiamo e quali sono le nostre proposte". Il sentimento comune tra i grillini è proprio questo: perché rifiutarsi così? Ma soprattutto: perché non discuterne? A queste domande il duo di testa non risponde e il difficile compito è affidato ai capigruppo di turno che, però, devono arrampicarsi sugli specchi. Alessio Villarosa, numero uno a Montecitorio, dice che nessuno gli ha chiesto niente, ma è strano che nemmeno Battista abbia scritto un messaggio ("Almeno su WhatsApp") al suo capogruppo. Anzi, è impossibile.   Leader e Guru - Per fare chiarezza in politica c'è solo una ricetta: vedersi. Per questo a Roma tutta la pattuglia grillina vuole vedere sia il leader che il guru: "Bisogna guardarsi in faccia", lo chiedono i delusi, ma anche i fedelissimi che sono stanchi di dover sospettare dei loro compagni di banco. Ma le scommesse sono partite e molti puntano sul nulla di fatto. Per i due di testa sarebbe troppo rischioso presentarsi a Roma ed affrontare i malumori dei parlamentari, meglio lasciare che il confronto sia via etere: se Grillo dovesse essere sfiduciato pubblicamente (anche solo da pochi) per gli altri resterebbe, per sempre, un leader scalfito. Non si può rischiare perché a stretto giro arriveranno in Parlamento argomenti tosti (Legge di Stabilità su tutti) sui quali il M5S deve mostrarsi compatto, almeno all'esterno. Ogni discussione deve essere rinviata almeno a dicembre, sempre che chi ha mal di pancia non decida di mollare. Se il leader dovesse esagerare i 5 Stelle stufati non si lascerebbero sfuggire l'occasione di far provare a Beppe l'ebbrezza di un "Vaffa". In perfetto stile grillino.