Bella trovata

Reddito di cittadinanza, la follia di Luigi Di Maio: quanti soldi regala ai rom

Davide Locano

Alle tante cariche istituzionali accumulate in questi mesi - vicepremier, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, ministro dello Sviluppo economico - Luigi Di Maio può aggiungere adesso quella di re degli zingari. Grazie a lui, infatti, almeno cinquemila rom con la cittadinanza italiana otterranno l’assegno mensile di 780 euro, senza nulla dover fare in cambio (a meno di non prendere sul serio il capetto grillino quando dice che i 6,5 milioni di beneficiati dovranno garantire ogni settimana «otto ore per lavori di pubblica utilità»: comunque una barzelletta in cambio di quella cifra). Matteo Salvini, che a giugno aveva destato scandalo annunciando di voler realizzare un censimento dei rom presenti sul territorio nazionale, avrebbe dovuto mettere in pratica l’idea prima di controfirmare la proposta dell’alleato: forse, chissà, la sua risposta sarebbe stata diversa. I dettagli dell’operazione che nel 2019 costerà ai contribuenti 10 miliardi di euro devono ancora essere decisi, ma alcune cose sono note da tempo: per ricevere il reddito bisognerà avere più di 18 anni, essere senza lavoro (ufficialmente, s’intende) o averlo e guadagnare meno di 780 euro netti al mese. Caratteristiche nelle quali rientra la grandissima parte dei rom italiani, i quali stanno già prendendo informazioni sulle procedure per ottenere la paghetta di Stato. Leggi anche: Pensioni, come possono salvare la riforma Fornero Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 Luglio, organizzazione che difende i diritti di questa etnia, lo ha spiegato ieri ai microfoni di Radio Cusano Campus: «Un settimo dei rom vive nei campi, sono circa cinquemila con la cittadinanza italiana. Sicuramente loro potranno usufruire del reddito di cittadinanza, dato che non si possono discriminare persone su base etnica». «C’È MOLTO INTERESSE» Ragionamento ineccepibile: se si fanno piovere soldi su tutti i nullafacenti italiani, è giusto che ci siano pure loro. Così, nella popolazione rom come in tante regioni del Sud, si stanno informando. «C’è un certo interesse», racconta Stasolla, «qualcuno chiede, ma ancora non si hanno elementi su come si potrà avere questo reddito». Ancora un po’ di pazienza. La stessa onlus 21 Luglio ha le competenze e i mezzi per aiutare chi vorrà presentare domanda per partecipare alla festa: nel 2016, ultimo anno del quale ha pubblicato il bilancio, l’associazione ha ottenuto contributi privati per 315mila euro, quasi 99mila dei quali provenienti dalla Open Society Foundations, la rete internazionale finanziata dallo speculatore ungherese George Soros. Il numero di cinquemila rom aventi diritto al «reddito Di Maio» appare comunque troppo prudente. La cifra diffusa da Stasolla si riferisce a coloro che hanno il passaporto italiano e vivono nelle cosiddette «baraccopoli istituzionali», ovvero nei campi gestiti dalle amministrazioni pubbliche. Rappresentano lo zoccolo duro, quelli che hanno la certezza di ricevere l’assegno. Lo stesso Rapporto annuale pubblicato dalla 21 Luglio, però, ricorda che la presenza nel nostro Paese di rom, sinti e caminanti è stimata «in una forbice molto ampia e compresa tra le 120.000 e le 180.000 persone». Di queste, quelle con la cittadinanza italiana sono circa 70mila; pur non vivendo nei campi, ma nelle abitazioni dell’edilizia residenziale pubblica, in appartamenti occupati o in case di loro proprietà, se risulteranno avere i requisiti richiesti percepiranno il reddito di cittadinanza, per intero o quanto ne manca per raggiungere la fatidica soglia dei 780 euro. Sebbene l’assenza di un censimento impedisca di fare calcoli precisi, è assai probabile, quindi, che le prerogative per ottenere l’assegno le abbia una platea molto più vasta di quella ipotizzata dal presidente dell’organizzazione che tutela i rom. RISCHIO BOCCIATURA E poi c’è il problema dei problemi: il limite dell’erogazione del beneficio ai soli cittadini italiani. La Lega lo pretende, Di Maio ha promesso a Salvini che glielo darà, ma faldoni di giurisprudenza italiana e comunitaria degli ultimi anni rendono certa la bocciatura di qualunque provvedimento osasse «discriminare» gli stranieri regolari, come insegnano la storia del «bonus bebè» e di altre prestazioni assistenziali. Così il ministro del Lavoro, ieri, ha calato la carta che nelle sue intenzioni dovrebbe essere risolutiva: l’assegno, ha detto, andrà «ai residenti in Italia da almeno dieci anni». È la conferma ufficiale che ad intascare la regalia di Stato saranno anche tanti stranieri. Inclusi i rom e i sinti di cittadinanza romena e bulgara o provenienti dai Paesi della ex Jugoslavia, la grandissima parte dei quali, contrariamente alla percezione che si ha di loro, sono stanziali in Italia da molti anni. di Fausto Carioti