Il retroscena

Sergio Mattarella, la telefonata a Giovanni Tria e il precedente del governo Berlusconi col ministro Ruggiero

Cristina Agostini

La cosa che voleva più di tutte Sergio Mattarella era che Giovanni Tria rimanesse al suo posto al ministero dell'Economia. Per il ministro così come per il presidente della Repubblica ci sono stati momenti di grande tensione tra gli attacchi e le minacce di Luigi Di Maio - "Pretendo che un ministro serio trovi i soldi" - e quelle degli altri grillini pronti a sostituirlo e dare le deleghe al premier Giuseppe Conte. Tria alla fine ha sì ceduto sul 2,4 per cento ma non si è dimesso "nell'interesse esclusivo della Nazione". Leggi anche: "Ci bocciano? Noi tiriamo dritto". Salvini caterpillar Cosa avrebbe fatto Mattarella se Tria avesse lasciato l'incarico? Secondo Marzio Breda, quirinalista del Corriere della Sera, "non sembra azzardato pensare che si sarebbe comportato come il suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi, nel 2001, quando diffidò Renato Ruggiero, ministro degli Esteri nel secondo governo Berlusconi, a dimettersi". Allora eravamo alla vigilia del varo della moneta unica, "e per una volta il vecchio presidente riuscì a frenare l'insofferenza di Ruggiero, convocandolo nel suo ufficio e appellandosi al suo senso dello Stato" ricorda Breda. "Poi, l'incompatibilità della linea europeista del ministro con l'aspro antieuropeismo della Lega bossiana (e del collega forzista Tremonti) esplose" e Ruggiero lasciò. Forse tra un po' di tempo, conclude Breda, "sapremo com'è andata sul serio ieri. Conta l'esempio che questa faccenda ci dà della travagliatissima stagione che Mattarella deve affrontare. Con l'attenzione alla tenuta dei conti pubblici (che gli compete per dovere d'ufficio), unita alle polemiche per la nomina del suo vice al Csm e al calvario dei primi decreti-bandiera dell'esecutivo".