Vicepremier

I mercati scoprono il bluff: Di Maio non conta un bel niente neanche per lo spread

Maria Pezzi

Rallegriamoci, l' Italia è salva. Siamo divenuti immuni dalle castronerie di Di Maio. Lui è sempre lo stesso e continua a dirle con frequenza quotidiana, ma ormai nessuno lo prende sul serio. Il temuto attacco dei mercati, previsto per fine agosto, non c' è stato. Lo spread non ha superato quota 300. Anzi, dal 3 settembre, giorno del picco massimo con 285 punti, a oggi, il differenziale tra i titoli di Stato tedeschi e i nostri è sceso di 55 punti malgrado il leader di Cinquestelle abbia alzato i toni della polemica. Solo nell' ultima settimana il ministro del Lavoro ha sentenziato che «il ministro Tria non è persona seria perché non trova i soldi per il reddito di cittadinanza» che i grillini, e non il titolare dell' Economia, hanno promesso. Poi ha denunciato un complotto internazionale per non farlo governare, ha detto che i burocrati del ministero gli lavorano contro, ha minacciato la caduta del governo se non passerà il salario ai fannulloni, ha spiegato che vuol portare il rapporto deficit/Pil al 2,8%, ha reso noto che lui «non si cura dei numerini ma delle persone» e ha promesso che «cancellerà la povertà dall' Italia». Malgrado il padre dichiari un guadagno di 88 euro l' anno, ha pure preannunciato il carcere per chi evade un solo euro. Nel frattempo, i suoi compagni di partito non riescono a scrivere il decreto per avviare la ricostruzione del Ponte di Genova e un suo sottoposto ha fatto sapere che i quattrini per il reddito di cittadinanza potrebbero essere presi dagli sconti fiscali sui mutui casa delle famiglie. Per approfondire leggi anche: Di Maio, messaggio minaccioso a Giovanni Tria Basterebbe una sola delle dichiarazioni di cui sopra per far precipitare l' Italia nel caos, se tutto il mondo non considerasse acqua fresca i vaniloqui giornalieri del vicepremier. Il primo a fregarsene è Tria, che al forum di Confcommercio ha fatto sapere di «aver giurato nell' esclusivo interesse della nazione e non di altri» (ogni riferimento al leader pentastellato, che se non riesce a mantenere almeno una promessa elettorale torna da dove è venuto, è puramente voluto). Ma anche Conte e Salvini, il secondo da più tempo del primo, benché non lo possano dire e siano costretti a dichiarazioni minimamente compiacenti, ormai tirano dritti per la loro strada sbattendosene dei nervosismi del giovane di Pomigliano devoto a San Gennaro. Per nostra fortuna, da un mesetto anche a Bruxelles e Wall Street cominciano a considerare Di Maio un teatrante e non si curano più di lui. Lui stesso ormai pensa così di sé, altrimenti difficilmente pronuncerebbe le scempiaggini che gli escono dalla bocca come i proiettili da una mitraglia, e balla la tarantella a uso e consumo degli elettori di M5S che ancora gli credono. I quali, peraltro, sono sempre di meno, almeno stando ai sondaggi. Molti se ne vanno perché hanno capito che Di Maio non è di sinistra come loro, altri perché vedono che non è neppure di destra, e tanto meno è moderato. Insomma, non è né carne né pesce e neppure lo spread si cura più di lui. di Pietro Senaldi