La trattativa

Marcello Foa, cosa chiede Silvio Berlusconi per eleggere il presidente della Rai

Gino Coala

Stando ai numeri su cui possono contare oggi Lega e M5s in Commissione di Vigilanza Rai, le speranze che Marcello Foa sia votato come prossimo presidente della Rai sono poche, ma non pochissime. La speranza si sa è sempre l'ultima a morire, soprattutto perché - restando sulle massime popolari - solo gli stupidi non cambiano mai opinione. Di certo quindi non sono granitiche le convinzioni dei parlamentari di Forza Italia che, al momento, si sono detti contrari alla nomina del giornalista. Qualche segnale perché le cose cambino sono già arrivate da Giorgio Mulé, anche lui in Commissione, che su Repubblica ha parlato di una "scelta divisiva" a proposito di Foa e ha chiesto proprio al candidato presidente un "atto di pacificazione" perché gli azzurri rivalutino la situazione. Leggi anche: Berlusconi, il gelo con Ghedini: lo sfregio alla riunione di Forza Italia Insomma la trattativa con gli uomini di Silvio Berlusconi è appena iniziata. Un lavoro sottotraccia che non riguarda solo i principali Tg di viale Mazzini, ma anche tutte le altre caselle ancora da riempire in testate meno prestigiose, ma non per questo meno importanti da un punto di vista politico e aziendale. Il braccio di ferro dei forzisti potrebbe quindi riaprire i giochi sulle nomine del Tg1, per il quale è in pole il vicedirettore Gennaro Sangiuliano, per il Tg2, dove circolano vari nomi tra i quali quello di Alessandro Giuli, e poi c'è il Tg3 che rischia di rimanere nelle mani salde di Luca Mazzà. E poi ci sono da definire le direzioni di Raiparlamento, dove oggi alla vicedirezione c'è Susanna Petruni in quota azzurri, di Gr Parlamento, Raisport, fino al Tgr e Rainews24. Altra partita, riporta il Tempo, legata alla nomina di Foa e che sta a cuore a Berlusconi riguarda l'equilibrio della coalizione di centrodestra. Ad Arcore non sarebbe piaciuta la modilità con cui è stato individuato Foa, non coinvolgendo neanche per sbaglio il presidente della Commissione, Alberto Barachini. Stesso discorso per la il decreto Dignità, per il quale i colleghi di coalizione della Lega non sarebbero stati coinvolti più di tanto. Il freno sul presidente Rai serve quindi a mandare un avvertimento chiaro ai leghisti, un monito per le prossime occasioni, perché insomma non si ripetano più certi sgarbi.