L'autogol

Giovanni Tria promuove Andrea Rivera come dg del Tesoro: l'uomo che ha rovinato le banche

Davide Locano

Per il governo di Giuseppe Conte sembra oramai cosa fatta: ad ore verrà ufficializzata la nomina di Alessandro Rivera alla direzione generale del ministero dell’Economia e delle Finanze guidato da Giovanni Tria. Un dirigente relativamente giovane (classe 1970) che era già stato in pole position per quel ruolo nel 2015, quando premier era ancora Matteo Renzi. Sulla carta una nomina spendibile per quello che ama chiamarsi “governo del cambiamento”: Rivera non è mai stato particolarmente alla ribalta, e anche se il fratello è un dirigente pubblico di peso (alla Regione Abruzzo), non ha il curriculum macchiato da appartenenze politiche. Eppure è la nomina più sorprendente che ci sia per grillini e leghisti, perché per quanto nell’ombra, proprio Rivera ha lasciato ben visibili le sue impronte su due vicende (non solo quelle) che sono finite nel mirino degli allora oppositori dell’esecutivo: il decreto di risoluzione di Banca Etruria e delle altre tre coinvolte, e il decreto sulle banche venete. Tutto ciò che è stato fortemente contestato aveva alle spalle la regia del suo ufficio: allora come oggi Rivera guidava la direzione Sistema bancario e finanziario del ministero del Tesoro. E se la nomina dovesse essere proprio questa, i primi ad essere più che delusi sono i comitati dei risparmiatori truffati pur ricevuti in pompa magna all’inizio dal premier Conte e ora impotenti ad assistere alla più clamorosa beffa che mai potessero immaginarsi. Leggi anche: Conte, le due bombe a orologeria sotto alla sua poltrona IL MESSAGGIO Loro infatti conoscono ormai a memoria un messaggio di posta elettronica del 2015 con cui il consulente della direzione concorrenza della commissione europea, il tedesco Bernhard Windisch, scriveva proprio a Rivera, a suoi colleghi (Elena Comparato) e ad dirigenti della Banca d’Italia per ringraziarli delle preziose informazioni che aveva appena ricevuto al telefono. Informazioni grazie a cui tutti gli obbligazionisti subordinati di Etruria, Banca Marche, Cari Ferrara e Cari Chieti avrebbero perso in una notte tutti i loro risparmi, che fino a quel momento invece erano salvi. In quella mail infatti ci si riferiva alla risoluzione che stava per essere decisa per le 4 banche italiane, e l’informazione preziosa fornita da Bankitalia e Tesoro alla commissione europea lì citata era quella sulla cessione appena avvenuta da Banca Etruria di 302 milioni di euro di crediti in sofferenza (Npl- non performing loans). È a quella operazione che avrebbe fatto riferimento proprio quattro giorni dopo il commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager, nella lettera ufficiale inviata al governo italiano. Ci si riferiva alla cessione dei crediti in sofferenza che il commissario di Banca d’Italia che gestiva Etruria aveva effettuato il 17 novembre 2015, avendo come controparte il Fonspa, una sorta di salottino della nuova finanza italiana, in cui sedevano l’ex presidente dell’Enel Piero Gnudi, l’ex membro del comitato esecutivo della Bce, Lorenzo Bini Smaghi, l’ex manager di Citigroup Panfilo Tarantelli, la famiglia De Agostini, Alessandro Benetton, l’ex manager Fiat Umberto Quadrino e il presidente dello Ior, Jean Baptiste de Franssu. Quei crediti - forse per fare un favore a quei personaggi famosi - erano stati ceduti a un prezzo bassissimo: il 14,7% del loro valore. Nessun altra transazione era mai avvenuta a così poco. PRIMI DELLA CLASSE Ma Rivera e gli altri devono avere pensato di fare i primi della classe segnalandola alla commissione europea. E hanno combinato il disastro. La Vestager, che nella bozza di autorizzazione al decreto di risoluzione italiano stava ragionando su una svalutazione di Banca Etruria e delle altre tre oscillante fra il 20 e il 25% dopo avere esaminato casi analoghi che avevano riguardato Irlanda, Spagna e Slovenia, fermò tutto in base a quella informazione. Saputa la notizia, la commissaria pensò «allora in Italia il prezzo di mercato degli Npl ora è 14,5%...». La cosa non era vera: nessuna altra operazione sarebbe avvenuta a un prezzo così basso, ma grazie ai nostri valorosi campioni di harakiri del Tesoro e della Banca di Italia quello venne ritenuto il prezzo di mercato. E la Vestager abbassò la percentuale di svalutazione al 17,5%. Non ci fosse stata quella sorta di gara a fare il primo della classe da parte di Rivera & c avremmo avuto salvi buona parte dei risparmi di quegli obbligazionisti. Che invece sono stati polverizzati grazie a quella mossa. di Franco Bechis