Segreti svelati

Luigi Di Maio e Matteo Salvini, Franco Bechis: "Perché sono costretti a girare sempre insieme"

Davide Locano

L’effetto è quello delle coppie celebri dei film comici: Stanlio e Olio, Gianni e Pinotto, Totò e Peppino... e ora appunto Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Per essere che fino a qualche mese fa i due manco si conoscevano bene e quando dovevano parlare l’uno dell’altro lo facevano sempre male, l’affiatamento è sorprendente. È stato chiaro nei giorni in cui si metteva nero su gialloblu (tutti dicono verde, ma il colore di Salvini è il blu), se ne è avuta una rappresentazione plastica ieri all’assemblea annuale di Confcommercio. I due sono arrivati quasi a braccetto in sala, poi si sono separati per concedersi ai selfie dei propri fan commercianti, ma anche lì la differenza non è stata un granché: volevano il ricordo sia con l’uno che con l’altro. Entrambi hanno grattato la pancia alla categoria, perché è la loro specialità. Certo se non sorprendeva la presenza del leader del M5S, visto che Confcommercio ha il ministro dello Sviluppo economico come contraltare naturale, è sembrato quanto meno curioso l’arrivo in sala del ministro dell’Interno, che istituzionalmente non ha il compito di rispondere alle richieste dei commercianti. Salvini e Di Maio però tengono entrambi il piede in due scarpe, e come Fregoli si portano dietro l’abito ora di leader di lotta ora di leader di governo, per cui non sai mai in che veste te li trovi davanti. IL PIEDE IN DUE SCARPE C’è chi dirà: ma se erano lì, qualcuno li avrà pure invitati. Certo, ma mettetevi nei panni del povero presidente di Confcommercio Carlo Sangalli: per evitare il dubbio amletico, avrebbe potuto invitare alla assemblea solo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. I commercianti sono gente pratica però, e se fosse arrivato Conte avrebbe recitato la supercazzola per una paio di orette (il premier non sembra avere il dono della sintesi), ammorbando tutto l’uditorio, e se Sangalli avesse avuto qualche richiesta da fare, quello non avrebbe saputo che rispondere senza consultare prima Di Maio, poi Salvini, e cercare la mediazione fra le due risposte. Meglio andare su quelli che comandano davvero, e siccome comandano solo insieme, bisogna per forza averli presenti entrambi. Se poi alle richieste rispondono all’unisono come il coretto delle sorelle Bandiera, meglio per tutti che si risparmia tempo e denaro. Altrimenti aspetti che si mettano d’accordo con una postilla al contratto, cosa cui si dovrà pure abituare la strana coppia perché la realtà e i bisogni sono ben più ampi di quella gabbia piuttosto stretta in cui li hanno infilati. ALL’ULTIMO VOTO Se negli appuntamenti di governo Salvini e Di Maio restano appiccicati come due gemelli siamesi - non è ben chiaro se per improvvisa sintonia o per necessità di marcarsi stretti - da qualche parte debbono pure andare divisi. Ad esempio negli appuntamenti della campagna elettorale per le amministrative del 10 giugno, visto che i loro candidati sul territorio non sono affatto alleati, ma costretti a combattersi all’ultimo voto. Anche qui però i due Stanlio e Olio del cambiamento spesso sono protagonisti di una strana danza che fa loro muovere gli stessi passi sugli stessi palcoscenici, semplicemente a distanza. È accaduto in Sicilia dove ti vedevi Di Maio arringare le folle e qualche ora dopo arrivare nello stesso posto Salvini ad infiammare i suoi. Stessa cosa a Terni nelle ore che hanno preceduto il varo dell’esecutivo: la cittadina umbra è un caso particolare, perché solo in due davvero possono diventare sindaco della città e sono il candidato grillino e quello del centrodestra imposto dalla Lega. Mercoledì 6 giugno Salvini era in piazza Brindisi a sostenere anche lì il suo candidato imposto al centrodestra, e a Brindisi ha deciso di andare oggi Di Maio per pareggiare il colpo... di Franco Bechis