Futuro azzurro
Pdl, scontro finale tra Berlusconi e Alfano su partito e governo
Di primo mattino ha ricevuto il suo avvocato, Niccolò Ghedini, che lo aggiornava sul suo destino giudiziario. Stanno scrivendo un opuscolo dal titolo «operazione verità», che racconta la «vera storia» della sua persecuzione giudiziaria. Poi Silvio Berlusconi si è dedicato ad un nuovo “giro” di incontri, cercando «la sintesi» tra le diverse posizioni dentro al suo partito. Il Cavaliere si è reso conto che è necessaria una «ripartenza», che difficilmente riuscirà a riportare la concordia in casa sua se, prima, non farà tabula rasa. I «lealisti» considerano ormai il segretario un «capocorrente», per giunta rappresentante di una «minoranza», e Angelino Alfano si sente sempre più distante dal «suo» partito. Tanto che, dal giorno dell’inaugurazione, si è visto una volta sola nella nuova sede di Forza Italia, a San Lorenzo in Lucina. «Chiedo un sacrificio a te, perché ti voglio bene come a un figlio. Dovresti valutare la possibilità di dimetterti da segretario e io riprendo in mano il partito», ha chiesto il Cavaliere al suo delfino. Poco dopo è cominciato l’attesissimo incontro tra l’ex premier e i ministri Pdl. Oltre ad Alfano hanno varcato il cancello della residenza romana Gaetano Quagliariello, Nunzia De Girolamo e Beatrice Lorenzin. Mancava Maurizio Lupi, ma, in compenso, era stato aggregato il presidente dei senatori, Renato Schifani, e si è seduto al tavolo pure Gianni Letta. «Il problema non è il partito o gli organigrammi, la questione è la linea politica che vogliamo tenere», ha risposto pubblicamente Angelino, provando a rompere il ghiaccio. Alfano sa che il Cavaliere è nuovamente tentato di «staccare la spina» al governo ed ha subordinato il suo passo indietro ad una scelta chiara sull’atteggiamento da tenere nei confronti dell’esecutivo. «Se siamo d’accordo che questo governo può durare fino al 2015 ed è anche il nostro governo, allora ci può stare una ridefinizione degli assetti del partito», gli hanno fatto eco, parlando uno dopo l’altro, i ministri presenti. Gli «alfaniani» sono disposti a cedere agli altri la guida di Forza Italia qualora il fondatore si impegni a sostenere l’esecutivo di Enrico Letta per un anno e mezzo. Il Cavaliere li ha ascoltati, e, per la prima volta, ha aperto: «Io non voglio rompere col governo, ma lo vedete anche voi come si stanno comportando... Io posso pure continuare a sostenere il governo, ma non ci devono essere provocazioni da parte della sinistra!». «Provocazione» può voler dire molte cose: il voto del Pd per la sua decadenza, che ormai appare inevitabile, per esempio: «Non si farà l’amnistia, quelli del Pd mi vogliono in galera, non hanno fanno niente per me...», accusa. «Provocazione» può anche essere la Legge di Stabilità che reintroduce di fatto la tassa sugli immobili e che ha intenzione di cambiare: «Va rifatta in Parlamento», ha avvisato i ministri. Per il momento è stallo: si studiano regole condivise per la «ripartenza». Alfano continua a pensare che la soluzione potrebbero essere le primarie che legittimino la sua leadership, ma i «lealisti» vorrebbero il congresso. La soluzione tampone sarà «deleghe piene» al fondatore e niente strutture intermedie. «Com’è bello il nuovo simbolo di Forza Italia», si è vantato il Cavaliere con Sandro Bondi e Manuela Repetti, che l’hanno raggiunto nel pomeriggio a casa sua. A chiudere la giornata di incontri è stato Raffaele Fitto, leader dei «lealisti». Il Cavaliere lo avrebbe reso edotto sulle sue intenzioni. «Presidente, ho sempre detto che la mia battaglia finirà quando il partito tornerà nelle mani tue», lo ha rassicurato l’ex governatore della Puglia. Ma ormai tutti sospettano di tutti. E alcuni «lealisti» sono convinti che in realtà i «ministeriali» abbiano già stretto un accordo con Scelta Civica, ieri terremotata dalle dimissioni del fondatore Mario Monti, con l’obiettivo di convergere in un nuovo contenitore ispirato al Partito Popolare europeo, portando a compimento la «scissione». di Paolo Emilio Russo