Schifo pre-urna

Luigi Di Maio, Beppe Grillo chiude la campagna elettorale M5s: "Altri partiti sciolti come diarrea"

Giulio Bucchi

Nell' ultimo comizio elettorale milanese del 2013, in una gremitisisma piazza Duomo che inneggiava alla rivoluzione, i militanti grillini sbandieravano un cartello «Laocrazia!» (democrazia del basso popolo), mentre Beppe Grillo annunciava la vittoria contro Berlusconi. Non è praticamente cambiato nulla. Ieri il revenant Grillo ha chiuso la campagna pentastellata dalla romana piazza del Popolo preannunciando via blog lo stesso concetto: «Siamo rimasti soltanto noi e Forza Italia, il Movimento si confronta con il più grande ed efficace spot pubblicitario dopo la Coca Cola di tutti i tempi», ha tambuareggiato Grillo. Ci siamo imposti, con parole guerriere, di mandare a casa una casta occupante spazio. Il Movimento è nato su quelle parole guerriere e si è nutrito della saggezza migliore degli italiani: «Adesso siamo qui, a confrontarci con il lato più oscuro e nebbioso del carattere del nostro popolo. Diamogli l' ultima spallata», ha dichiarato. Un' evocazione elettorale e una chiamata alle armi, titolata, appuntao Parole guerriere di stampo tipicamente teatrale, usata anche nel comizio finale. Il testo è, oseremmo, dire, quasi brechtiano, e rispecchia quello sul palco. E sul palco, appunto, in una fredda serata sono sfilati i big del Movimento. Tra i migliori Alessandro Di Battista - primo attivista del Movimento non candidato - che si è prodotto in un comizio che passa dal concetto del «Re è nudo» (rivelando una frase di Fabio Fazio: «Non essere troppo crudo, il Paese è felice c' è appena stato Sanremo») a quello dell' «Adottate uno scettico». Ma la chiusura è stata sempre quella di Grillo, con frasi affabulanti tipo: «Noi siamo il paradosso vivente della politica mondiale. Abbiamo iniziato col piacere di fare qualcosa per gli altri e continuiamo». O «i partiti si sono sciolti in una diarrea nausente si sono tutti trasformati in movimento e l' unico partito in Italia ormai siamo noi. Ora possiamo andare lì e cambiare le cose». O sulla sparizione del «Vaffa»: « Il Vaffa rimarrà, magari piccolo, un Vaffino da mettere sulla macchina: ricordati il tuo primo Vaffanculo...». Finale quasi kennedyano: «La vera filosofia della politica non è fare cose straordinarie, ma impedire che si facciano delle cazzate. La nostra grande vittoria è che li abbiamo costretti ad inseguirci sul nostro programma». Infine la chiusura del cerchio: «Personalmente io voto Berlusconi, devo manternere il mio matrimonio e raddoppiare il cubaggio della casa. .». E lancia Di Maio for president. La percezione, dichiarata, è quella del «vogliamo stravincere»... di Francesco Specchia