L'ultima possibilità

Luigi Di Maio, il retroscena sulla spaccatura con Beppe Grillo: Gigino accetta un premier non grillino

Giovanni Ruggiero

I dati che arrivano dai sondaggi per il Movimento Cinque Stelle non sono dei più lusinghieri, ma l'ipotesi che i grillini possano sbancare nelle ultime due settimane e ricevere il mandato da Sergio Mattarella per formare il governo sta spaccando il Movimento. Da un lato ci sono i "governisti" vicini a Luigi Di Maio, consapevoli che il voto del 2018 sia l'ultimo utile per dimostrarsi una forza politica credibile. Dall'altra gli ortodossi vicini a Roberto Fico e Beppe Grillo, già particolarmente irritato nei giorni scorsi per le aperture di Di Maio su possibili "larghe intese". Il gioco al massacro tra le due fazioni grilline va avanti da tempo. Da un lato Grillo rilancia il tema della riduzione dell'orario di lavoro, dall'altro Di maio prova a fare il conciliante con il mondo degli imprenditori e della finanza. Dietro a quel che può esembrare un teatrino delle parti, però, c'è tutta la preoccupazione concreta dei governisti: "Se restiamo fuori anche stavolta - avrebbe detto ai suoi Di Maio, secondo un retroscena di Repubblica - noi non reggiamo più". Leggi anche: Di Maio furbetto, quanti soldi ha rimborsato in tre mesi La catastrofe per il Movimento è lì a un passo, a meno che non passi la linea su cui sta lavorando Giggino. La base, un po' strampalata, l'ha rilanciata anche Alessandro Di Battista: ricevere il mandato esplorativo dal Quirinale e poi chissà, qualcuno in maggioranza arriva. La correzione di Di Maio riguarda però l'inquilino di palazzo Chigi, che al quel punto potrebbe anche non essere un grillino. A quel punto partirebbe un governo del "tutto e subito", che intervenga sullo stretto necessario, ma soprattutto sulla legge elettorale, da riformare nella logica grillina, visto che il Rosatellum produrrebbe solo un altro pareggio. L'incognita resta la formazione della pattuglia parlamentare grillina dopo il voto. La composizione delle liste è stata attentamente monitorata da chi sostiene la linea di Di Maio, ma gli imprevisti nel M5S sono sempre dietro l'angolo. Di sicuro promettono battaglia gli "ortodossi", che vedono nel dialogo con gli altri partiti una sorta di bestemmia. Tanto vale tornare a votare, magari con un altro candidato premier.