L'analisi

Il brutto sospetto della manina europea sul voto. La truffa nell'urna, perché non ci governerà nessuno

Giovanni Ruggiero

C' è quella poesia di Cesare Pavese: «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi». Ecco, non siamo a tali livelli di lirismo, ma ciò che pronosticano gli analisti internazionali per la prossima legislatura è qualcosa di molto simile alla morte della politica. Gli occhi saranno quelli di Ettore Rosato, capogruppo del Pd alla Camera e ispiratore della legge con cui si voterà il 4 marzo. Prendiamo Oxford Economics, premiata società indipendente specializzata in «previsioni globali e analisi quantitativa», nata da una costola dell' arcinota università. Ieri ha sfornato un rapporto dedicato alle elezioni italiane e ciò che ne seguirà. L' avrebbero potuto scrivere due nostri connazionali qualunque, muniti di semplice buonsenso, su un tavolino del bar davanti a cornetto e cappuccino, ma il suo pregio è proprio questo: per una volta l' Italia è vista con realismo, senza stereotipi e tragedie. Il parto delle menti oxfordiane dice che il nuovo sistema elettorale protegge l' economia da una vittoria dei «populisti», ma impedisce anche la formazione di un governo capace di fare le riforme. Le probabilità di vittoria di una delle coalizioni elettorali sono minime e, in ogni caso, è il centrodestra ad avere le maggiori possibilità. Gli scenari più credibili sono quelli di una grande coalizione, formata da Pd e Forza Italia, o del ritorno alle urne entro l' anno, nel caso in cui non si riesca a formare un esecutivo. Il rischio di un governo «populista» - lo spettro che terrorizza le cancellerie europee - è basso, anche perché è implausibile che i Cinque Stelle ottengano i numeri per governare; se però, tramite un' alleanza del movimento con altri partiti anti-sistema, esso dovesse concretizzarsi, toglierebbe due punti al prodotto interno lordo del 2019. Farebbe, cioè, sprofondare di nuovo l' Italia nella crisi economica. Leggi anche: La bomba di mister Europa sul voto italiano: chi non deve vincere Quanto alla grande coalizione, non sarebbe altro che un «matrimonio di convenienza» tra destra e sinistra, incapace di generare i provvedimenti necessari a portare la crescita al livello del resto della zona euro (che intanto continua ad avanzare ad un ritmo doppio del nostro). Attendiamoci quindi, nello scenario più ottimistico, un aumento del Pil attorno all' 1%, cioè inchiodato ai deprimenti valori attuali; nel peggiore, il ritorno della recessione. Discorso analogo in politica estera, avvertono gli analisti dell' agenzia statunitense Bloomberg. La confusione sarà tale che nemmeno il leader straniero che vanta più legami con i candidati italiani, Vladimir Putin, potrà ricavare dal dopo-voto qualcosa di buono - ad esempio il ritiro delle sanzioni contro la Russia introdotte dall' Unione europea nel 2014, dopo che Mosca si era annessa la Crimea. Leggi anche: Le lezione di Tajani a Moscovici: "Prima di parlare, fai meglio a..." Sarebbe un paradosso, spiega il cremlinologo Leonid Bershidsky, perché Silvio Berlusconi ha una solida amicizia personale con Putin e i suoi alleati della Lega prevedono, nel loro programma, di abolire quelle sanzioni, alle quali si oppone pure «il movimento populista dei Cinque Stelle, che verbalmente ha appoggiato l' operazione militare russa in Siria». Non bastasse, «persino il Partito democratico, che ha guidato gli ultimi governi italiani, non è particolarmente anti-Putin». Tant' è che, «nonostante la pressione degli Stati Uniti, l' Italia ha bloccato i tentativi di estendere le sanzioni contro la Russia in risposta all' intervento di Putin in Siria». Si sa sin d' ora, insomma, che il prossimo parlamento italiano avrà una maggioranza filo-russa (le simulazioni dicono che centrodestra e Cinque Stelle si prenderanno almeno due terzi degli eletti). E le ragioni economiche spingono tutte in quella direzione: «Le sanzioni della Ue hanno fatto male all' Italia. Il più grande esportatore europeo in Russia dopo la Germania è scontento del calo del 40% del proprio export da quando sono state introdotte le sanzioni». In apparenza, quindi, il presidente russo avrebbe ottimi motivi per fregarsi le mani mentre attende notizie da Roma. «Tuttavia», scrive Bloomberg, «questa è l' Italia, con la sua tradizione di caos governativo e alleanze instabili. Nessun partito o gruppo di partiti ideologicamente vicini potrà ottenere una completa vittoria a marzo. In una sorta di ampia coalizione (alla quale i Cinque Stelle sarebbero allergici ad unirsi), tutte le posizioni si diluiranno e il leader di un governo instabile difficilmente inizierà una ribellione a livello Ue solo per aiutare Putin». Ragionamento che vale per la questione russa, ma non solo. A un' economia bloccata, in parole povere, continueremo ad abbinare l' irrilevanza in politica estera. di Fausto Carioti