Come lo spiegano?

Silvio Berlusconi, la menzogna del Sole 24 Ore sui costi del piano fiscale: servono 4 miliardi, non 16

Andrea Tempestini

I conti del Sole 24 Ore non tornano. E questa non è una novità. Ma non parliamo dei bilanci del giornale, quanto della stima di costo delle proposte elettorali dei partiti, cominciando da Forza Italia di Silvio Berlusconi, pubblicate in apertura d'anno per spaventare ben benino gli italiani e scoraggiarli ancor di più dall'andare a votare. Il quotidiano di Confindustria parte col piede sbagliato già nei piccoli sommari, dove scrive: "Dai partiti finora scarsa attenzione al monito del Presidente della Repubblica: agli slogan spesso non fanno seguito una stima dei costi e coperture credibili". Leggi anche: Cav e il golpe, per l'Italia torna l'incubo Da quale pulpito viene la predica! Proprio al Sole 24 Ore il revisore dei conti, Deloitte, ha contestato numeri che «non risultano supportati da evidenze empiriche ma fondati su una stima del management» e obiettivi che «potrebbero risultare sfidanti e in controtendenza». Tanto più che la credibilità del management in questione, con l'amministratore delegato Franco Moscetti, è ai minimi termini, un rating «spazzatura» se si parlasse di titoli di Stato, con un 2017 che si chiude con oltre 28 milioni di euro di cassa bruciati e soli circa 7 milioni di patrimonio netto residui nonostante l'aumento di capitale di 50 milioni e la vendita del gioiello di famiglia che era «Business School24», come riportato con ampiezza di dettagli negli ultimi giorni dal Fatto Quotidiano. Per non parlare del contenzioso in essere con l'agenzia di stampa LaPresse e degli immobili di Confindustria, inclusa la storica sede di viale dell'Astronomia, ipotecati per tenere in piedi il giornale. PROVVEDIMENTO Ciò detto, se gli autori avessero studiato con la dovuta attenzione le proposte di Forza Italia, non avrebbero affermato che portare le pensioni minime a mille euro costa 18 miliardi, perché è noto a tutti che la stima è di soli 4 miliardi. E ciò deriva dalla definizione della platea che replica i parametri del 2001, quando le pensioni minime furono portate dal governo Berlusconi da cinquecentomila lire a un milione. Allora il provvedimento interessò 1.835.000 pensionati. Questa volta ne beneficerebbero in 842.551. Questo è stato chiarito fin dall'inizio da Silvio Berlusconi: perché il Sole descrive una proposta diversa da quella vera solo per il gusto di ridurne la credibilità? Passiamo al capitolo Flat tax, che fa tanto ribrezzo al vicesegretario del Pd Maurizio Martina. Non costa 40 miliardi. Sia la Lega di Salvini quanto Forza Italia hanno specificato che l'aliquota verrà fissata a un livello tale da scongiurare il buco per le casse dello Stato. Dato il gettito attuale dell'Irpef, si determinerà un'aliquota che consenta di realizzare la riforma fiscale a saldo zero. Tanto più che essa verrà ridotta in maniera graduale nel corso dei cinque anni della legislatura in base alle risorse che si renderanno disponibili dal taglio del debito pubblico e della cattiva spesa, nonché dalla progressiva eliminazione delle deduzioni e detrazioni fiscali attualmente in vigore e dall'emersione dell'evasione fiscale. IMPOSTA RAPINA Perché, infine, fare terrorismo sull'Irap dicendo che verrà riproposta sotto forma di addizionale all'Ires e paventando una sorta di sospensione dei servizi sanitari delle Regioni? Non è uso del centrodestra fare il gioco delle tre carte. Il taglio dell'Irap, altrimenti nota come "imposta rapina" introdotta da Romano Prodi e dal suo ministro Vincenzo Visco nel 1997 e che colpisce le imprese sul costo del personale anche quando sono in perdita, rientra infatti nel più grande piano della Flat tax che, per quanto riguarda le imprese, verrà finanziata dalla progressiva cancellazione dei cattivi incentivi statali, cui gli imprenditori si sono già detti pronti a rinunciare in cambio di una riduzione del carico fiscale complessivo. Certo, nel fare tutto ciò, come dice questa volta bene il Sole riportando le parole del Presidente Mattarella, bisognerà tenere conto del grande debito pubblico del nostro Paese e dei conti che lascerà il governo uscente. Il riferimento è all'aumento dell'Iva che Gentiloni e Padoan nell'ultima Legge di bilancio ha sospeso solo per il 2018 e scatterà dal 2019. Ma questo è il risultato della politica clientelare del centrosinistra che negli ultimi cinque anni ha aumentato il deficit pubblico, quindi il debito, per comprarsi il consenso, lasciando i conti in dissesto. Come al Sole 24 Ore. Un motivo in più per non votarli a marzo. di Paola Tommasi