Berlusconi: "Farò la fine della Timoshenko"

Andrea Tempestini

Si sfoga, Silvio Berlusconi, nella riunione con gli europarlamentari del Pdl a Palazzo Grazioli. "Mi faranno fare la fine della Timoshenko", ha spiegato ai suoi. "Il primo giorno protesterebbero in un milione, il secondo giorno in 750 mila e poi nessuno". Parole amare, quelle dell'ex premier, che teme che l'assedio giudiziario gli possa riservare un destino simile a quello della leader della Rivoluzione arancione ed ex primo ministro dell'Ucraina, finita agli arresti, di fatto, per essersi opposta al regime di Kiev. Il parallelo fatto dal Cav è quello con il "regime" delle toghe, a cui lui si oppone da un ventennio. "In galera finirò per marcire - continua Berlusconi -. Anche i miei avvocati mi pronosticano un futuro nero. Putin mi aveva messo in guardia, mi aveva detto che avrei fatto la fine di Yulia".   Berlusconi ad alfaniani e lealisti: "Ora basta, abbassate le armi" Leggi l'approfondimento   "Vogliono eliminarmi" - "Non mi sono mai fatto illusioni sulla comprensione della sinistra - ha aggiunto -, io non ho mai chiesto nulla, contro di me si sta portando a termine una operazione che comporta una lesione della democrazia. Hanno deciso di eliminarmi per via giudiziaria". L'ex premier ha poi ribadito che in Giunta per le elezioni si sta compiendo una forzatura: l'obiettivo, farlo fuori dalla politica, per sempre. "Io sono assolutamente innocente - ha continuato il Cavaliere -, ma hanno già deciso di eliminarmi per via gudiziaria, ora vogliono farlo definitivamente anche politicamente". Giustizia politica - Il leader del Pdl pare avere pochi dubbi sul suo destino: nessuna illusione su decadenza e sul suo futuro, insomma. Non a caso è stata appena depositata la richiesta ufficiale per l'affidamento ai servizi sociali. A chi lo ha incontrato in queste ore, Berlusconi avrebbe confidato tutto il suo sconforto per le aggressioni giudiziarie subite negli ultimi giorni come negli ultimi vent'anni, culminate nella condanna in Cassazione per il caso Mediaset. Punta il dito contro i pm che usano la giustizia a fini politici e condizionano i lavori parlamentari, dove non si può fare una legge "se la magistratura non dà il suo assenso".