Sinistri e pistola

"Per stendere Renzi bisogna sparargli": Feltri e l'editoriale che ha fatto impazzire il Pd

Giulio Bucchi

Quando assunsi la direzione editoriale di Libero, che fondai nel 2000 non avendo nulla di meglio da fare, un esercito di imbecilli mi accusò di aver accettato l' incarico allo scopo di sponsorizzare Matteo Renzi, all' epoca presidente del Consiglio dei ministri. I fatti hanno dimostrato il contrario, e nessuno mi ha chiesto scusa. Chissenefrega. Non ho bisogno degli applausi dei colleghi e non ascolto i loro fischi. A distanza di un anno e mezzo non ho difficoltà a dire che i tentativi di incastrarmi sono caduti nel vuoto. Non è importante questo dettaglio. Ora che il "Rottamatore" è considerato un reietto, mi sia consentito dire che l' ex presidente non tornerà probabilmente a Palazzo Chigi, ma non sarà comunque agevole buttarlo fuori dalla segreteria del Pd. Non perché sia un fenomeno. Figuriamoci. Il problema è che Matteo ha vinto le primarie dopo aver perso il referendum, il che significa che il partito lo ha in ogni caso scelto quale capo da qui alle prossime consultazioni interne. Scacciarlo vorrebbe dire rinnegare le metodologie democratiche di cui i progressisti si sono vantati dal momento del varo delle medesime. Cosicché sono condannati a tener buone le primarie in questione e a rispettare il loro vincitore col 40 per cento dei consensi. Questa è la realtà. Renzi è inamovibile. Ai dem toccherà tenerselo fino al prossimo congresso. Inutile che i loro avversari di sinistra si impegnino a fargli la guerra. Sarà Matteo a compilare le liste e a decidere chi entrerà in Parlamento e chi ne sarà escluso. Non comprendere queste cose significa non capire un tubo di politica. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo. L' ex premier resterà ex non perché i compagni che lo contestano saranno in grado di osteggiarne l' ascesa. Il guaio per lui è non avere i suffragi per imporsi alle prossime elezioni; egli arriverà terzo nella competizione coi grillini e con il centrodestra, al massimo giungerà secondo, e non governerà un bel niente. Sarà costretto a sedere nei banchi dell' opposizione a meno che non si allei - incredibile - coi grillini. Il Pd frantumato, scosso dalle divisioni intestine, non trionferà di certo nelle urne. Ma il segretario sarà inamovibile per lungo tempo. Stupidi i suoi rivali che insistono a ignorarlo. Egli è al momento in una botte di ferro inespugnabile. Il fatto che il Pd si sia decomposto a causa dell' ala sinistra non può essere attribuito a Matteo bensì a chi, pur di mandarlo a casa, non ha esitato a demolire la compattezza del gruppo. Ora qualcuno cerca di ricompattare la base e il vertice, però mi sembra una operazione velleitaria, quantomeno tardiva. Berlusconi ipotizza un duello finale tra la sua forza e quella dei grillini. Sbaglia. Né il centrodestra né il Movimento 5 stelle avranno la maggioranza per sostenere un esecutivo. L' Italia politicamente è allo sbando come quasi tutti i Paesi europei per un motivo banale: i partiti sono incapaci di interpretare le aspirazioni del popolo, il quale pertanto cerca alternative denominate impropriamente populiste. La gente pretende di essere ascoltata e non più snobbata. Tutto qua. di Vittorio Feltri