Errori da presidenta

Laura Boldrini, figuraccia alla Camera: sbaglia a copiare la legge elettorale

Andrea Tempestini

Dunque complimenti a Laura Boldrini, presidente della Camera. A Lucia Pagano, segretario generale di Montecitorio, e ai suoi uffici tecnici, zeppi di funzionari pagati proprio per evitare che simili cose accadano. A Paolo Gentiloni, che ha messo la fiducia su un testo sbagliato. E ovviamente complimenti a Ettore Rosato, capogruppo del Pd, che ha dato il nome alla legge, e ai deputati che l’hanno votata senza leggerla. Perché dopo mesi passati a parlarne, litigarci sopra, emendarla, si è scoperto - ops - che per colpa di un errore, probabilmente di un banale «copia e incolla» alla carlona fatto da chi ha scritto il testo, la legge elettorale approvata giovedì dall’aula di Montecitorio contiene due norme che si contraddicono. La notizia imbarazzante inizia a diffondersi in tarda mattinata, quando gli uffici della Camera sono costretti a chiamare quelli del Senato per avvertirli che dovranno attendere un po’ per avere il testo del «Rosatellum»: scusate, c’è un problemino da risolvere. Ma chi è al corrente della cosa si guarda bene dal renderla pubblica. Fin quando non ne viene a conoscenza Alfredo D’Attorre, il quale essendo un deputato di Mdp, partito che si è opposto alla legge elettorale, prova un certo gusto a svelare la vicenda: «Il testo contiene un’incongruenza al capoverso 28 dell’articolo 1 tra i commi 6 e 7, in cui si prevedono due modalità tra loro contraddittorie per attribuire i seggi a una lista che abbia esaurito i candidati in un collegio plurinominale, eventualità non impossibile, data la minore ampiezza delle liste rispetto al numero degli eligendi e l’elevato numero di pluricandidature (cinque) consentite tra diversi collegi». In parole povere, potrebbero verificarsi casi in cui una parte della legge dice che l’eletto è il signor Caio e la parte successiva sostiene invece che l’eletto è Sempronio, candidato dello stesso partito. Questo perché le due norme si riferiscono ad una identica ipotesi («Qualora al termine delle operazioni di cui al comma 5 residuino ancora seggi da assegnare ad una lista...»), mentre la seconda avrebbe dovuto essere subordinata alla prima. Il testo della legge elettorale, conclude il gongolante D’Attorre, «dovrà quindi essere necessariamente modificato al Senato, almeno su questo punto». In tale caso il Rosatellum dovrebbe necessariamente tornare alla Camera, anche se per un passaggio rapidissimo, giacché ogni legge deve essere approvata in forma identica in ambedue i rami del parlamento. Non andrà così, anche se all’opposizione piacerebbe tanto. Perché lo smacco sarebbe atroce e perché c’è un escamotage pronto all’uso: prima che una legge sia approvata, l’assemblea autorizza il presidente a occuparsi del «coordinamento formale» del testo. Significa che gli uffici della Boldrini possono correggere gli errori materiali contenuti nella legge anche dopo che i deputati l’hanno votata. Di solito accade se c’è un riferimento normativo sbagliato; in questo caso lo si fa per sanare la contraddizione tra due commi. Così, in serata, i tecnici che non si erano accorti dello strafalcione hanno provveduto a correggerlo: al Senato arriverà una legge magari sbagliata per altri motivi, ma non perché assegnerà lo stesso seggio a due persone diverse. L’ordine è salvo, la faccia un po’ meno. di Fausto Carioti